FIUME TEVERE: NEL “CAVENODROMO” A PASSATA

Due giorni di pioggia insistente sporcano i fiumi della Romagna, tutti, tanto che per pescare toccherebbe optare per il laghetto, eppure la voglia di misurarmi, armato di canna da sei metri e filo sottile, con il più nobile dei ciprinidi, il cavedano, è tale che un fiume pulito lo devo trovare.

Così decido di telefonare al mio amico Sauro Sersale, esperto pescatore agonista ed ottimo conoscitore di fiumi di mezza Italia. Subito mi consiglia il Tevere.

Non ci metto molto a coinvolgerlo in questa avventura, ed a noi due si aggiunge anche Dino Ballani a sua volta ottimo pescatore. Il tempo di caricare la macchina e già siamo in partenza per la nostra trasferta, la destinazione prefissata è il Tevere nel tratto umbro tra Città di Castello ed Umbertide.

Con nostra sorpresa all’arrivo troviamo una condizione non ottimale, infatti l’acqua del fiume è di un color marrone – giallo che non promette niente di buono, ma Sauro, che conosce la zona come le sue tasche, ci garantisce che il pesce mangia lo stesso, e che con il trascorrere del tempo l’acqua tende a schiarire, così decidiamo di tentare, il posto è molto bello, uno “striscio” lungo 150 mt largo circa 20 con una profondità di tre metri al centro, la sponda pulita, con un ghiareto che forma una spiaggetta e ci permette di scendere in acqua fino alle cosce, una folta vegetazione formata da alberi ad alto fusto che accompagnano entrambe le sponde ci consente di pescare all’ombra, e devo riconoscere che per la pesca alla passata una condizione migliore è difficile da trovare.

La corrente è abbastanza sostenuta ma costante, per cui decido di pescare poco fuori punta con un galleggiante da 030 a passare veloce con una profondità pari a quella sondata.

Le prime passate non danno frutti, strano perché a sentire Sauro il posto in cui peschiamo dovrebbe essere pieno di pesce, ma aggiunge anche che per prenderlo bisogna pescare nel modo giusto.

Nel frattempo Dino, non contento del posto si allontana, fino a sparire dalla nostra visuale, Sauro invece, che posizionato trenta e più metri a monte della mia posizione, è alle prese con un cavedano di circa un chilo, dopo una breve lotta, lo salpa e me lo mostra, un bellissimo pesce.

Questo è il segnale che i pesci sono in attività, da li a poco anche il mio galleggiante affonda in maniera decisa, ferro prontamente e il primo cavedano rimane allamato, non un pesce enorme ma comunque con una buona difesa, salpato il pesce mi rimetto in pesca e continuo con il metodo descritto.

Qualche altra cattura esce ma niente di eccezionale, Sauro nel frattempo dopo un paio di catture notevoli ed altrettante rotture decide di ingrossare il filo portandolo ad uno 012 diretto, convinto che ad abboccare alla sua lenza siano i barbi, purtroppo la mossa non da frutti e anche lui come Dino decide di cambiare posto.

Rimango da solo, un tratto rettilineo di fiume meraviglioso tutto per me, continuo a pescare nel modo descritto in precedenza ottenendo una buona continuità di catture, però i pesci portati a guadino non superano i 500 grammi, è qui che decido di cambiare canna e tecnica di pesca. Ho portato con me per questa uscita due bolognesi di sei metri, la fiume 1500 e la xxt 180 della Colmic, la prima armata con galleggiante da 030 piombatura scalata raccolta in trenta cm ed un finale dello 08, la seconda invece armata con galleggiante da 050 una piombatura tutta a pallini del 13 scalati in settanta cm ed un finale dello 07 amo rigorosamente del 25.

È quest’ultima che, con una lieve modifica mi permetterà una pescata eccezionale.

Appoggiando il finale a terra non riesco a passare bene perché il fondale è ricoperto di foglie cadute dagli alberi, per cui decido di stendere la mia lenza a valle rispetto alla mia posizione di pesca, pur continuando a pasturare in maniera regolare a monte, così facendo evito di fare la passata ed agganciare le foglie, iniziando da subito a trattenere la lenza.

Questo sistema di pesca, che mi fu insegnato da un grande agonista del centro Italia proprio durante una gara di pesca sul Tevere, per essere efficace necessita un appoggio al fondo molto abbondante, nel mio caso 60 cm circa compresi i pallini di piombo pinzati nel basso lenza, considerato un finale da 35 cm i pallini in appoggio sono circa 4 o 5 del 13 , lo stesso numero di pallini li vado ad aggiungere sopra alla piombatura che non appoggia al fondo ottenendo in questo modo una lenza sovrapiombata, il piombo in eccesso impedisce la fuoriuscita del galleggiante in fase di trattenuta.

Questa lenza manovrata sapientemente fa si che il finale rimanga bene appoggiato al fondo ma che lo stesso si alzi leggermente fluttuando quando con un invito la richiamo verso monte.

Probabilmente tutto ciò fa perdere i freni inibitori ai pesci di questo tratto di fiume, tanto che alla prima calata, ho una affondata decisa del galleggiante seguita da una ferrata altrettanto decisa, e la frizione del mio mulinello comincia a “cantare” una melodia che continua e mi accompagna per il resto della pescata.

Uno dietro l’altro cavedani di taglia variabile da 700 gr al chilo, le abboccate si susseguono tanto che i miei movimenti diventano metodici e per un paio di ore non ho bisogno di fare altro. Due fiondate di bigatti a monte, stendo la lenza a valle, incomincio a trattenere, il galleggiante va in taratura, richiamo la lenza invitandola lentamente verso monte, e come per magia il segnalatore affonda, tutte le volte con un cavedano di taglia che mette alla prova l’esile finale, devo riconoscere che giornate come questa non capitano spesso.

Mentre pesco penso di essere immerso nel paradiso del pescatore, fino a quando, grattando sul fondo del secchiello porta esche, mi accorgo, di aver finito i bigattini.

Continuo a fare qualche lancio, ma la magia è finita. Si è fatta sera e sulla sponda vedo avvicinarsi il mio amico Dino, all’arrivo mi comunica che anche lui e Sauro hanno fatto una grossa pescata, e mi avvisa che è ora di andare, allora lo supplico di scattarmi due foto con il pescato. Avendo con me un guadino molto capiente, decido di vuotarvi all’interno i pesci custoditi in nassa, in maniera da fare uno scatto migliore, alla vista di tanto pesce Dino esclama “quanti ne hai presi, saranno venti chili” non lo sapremo mai perché il tempo di scattare due foto ed il guadino si strappa restituendo al fiume i suoi abitanti.

Non credevo esistesse un cavedanodromo, ma dopo questa bella esperienza ora so che esiste e si chiama Tevere.

Per Match Fishing Davide Galeotti

DAVIDE GALEOTTI DI MATCH FISHING E PESCA IN

SAURO SERSALE DI CESENA

C’E’ SPAZIO E PESCE PER PER TUTTI IN STRISCI DEL GENERE

UNA SPALLINATA MORBIDA DA CAVEDANI

L’ARMA VINCENTE PER LA PASSATA

UNA BUCA PIENA DI AFFAMATI CAVEDANI

SAURO SERSALE CONOSCE IL LINGUAGGIO DEI CAVEDANI

IL NOSTRO DAVIDE GALEOTTI CON UN BEL PESCE IN CANNA

CALMA E SANGUE FREDDO DURANTE IL RECUPERO

ECCOLO IL RE DEL FIUME TEVERE

ACQUE TRASPARENTI E CAVEDANI, UNA SFIDA SEMPRE AFFASCINANTE

E QUESTO E’ DECISAMENTE UNO TRA I PIU’ PICCOLI

ALLORA NE VALE LA PENA?

GRAN BELLA PESCATA DAVIDE, SEI SEMPRE ESAGERATO

DAVVERO UNA BELLA PESCATA NEL “CAVENODROMO” DEL TEVERE

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