IL FASCINO DELLA PESCA NEL PADELLONE
I SEGRETI DEL CAPANNO DA PESCA
Fra le tradizioni romagnole più antiche c’è la pesca nel padellone. I nostri “vecchi” ambivano ad avere una “posta” nel padellone , che normalmente significava avere il turno di pesca ogni sei giorni.
Il capanno da pesca quasi mai è di un singolo proprietario , di solito almeno sei soci si alternano nell’utilizzo del padellone, ne condividono i costi di gestione.
In ogni capanno si costituiscono vere e proprie società , all’interno delle quali ogni socio ha un ruolo e una responsabilità stabilite da regole ben definite.
Solitamente il padellone pur essendo una struttura fissa in legno o cemento è collocato su un bordo di un fiume o di un canale di proprietà comunale o demaniale nonostante il rischio che la “proprietà” possa sfrattare i soci del capanno in qualsiasi momento. Una posta del padellone costa svariate migliaia di euro.
Il padellone è un importante luogo di ritrovo per comitive di amici, per cene di lavoro e anche per incontri intimi. Diventa ormai secondario il ruolo principale del padellone, infatti la pescosità di questi capanni è andata via via diminuendo negli anni. Capita ormai raramente la pescata favolosa di anguille, cefali e passere come avveniva in passato in base ai racconti dei vecchi.
Ma il padellone continua a mantenere il suo fascino per la tradizione romagnola. Nei capanni sono nate alleanze politiche, la designazione di sindaci e parlamentari .
Nei capanni sono nati amori e si sono consolidate amicizie, probabilmente perché il padellone racchiude in se quella segretezza e complicità che rimarrà all’interno di quelle quattro pareti e nel silenzioso fruscio della rete che entra ed esce dall’acqua salmastra.
Da un padellone di Ravenna per M.F. Sergio MODANESI