Soft pellets in mare con Rino Scalzo

Pensati per irretire le corpulente carpe che popolano le affollate fisheries del nord Europa, i soft pellets si riscoprono un rimedio altamente efficace per trarre in inganno uno dei pelagici più sensibili e sospettosi del nostro sottocosta.

Testo e foto di Rino Scalzo

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Abituato a cogliere al volo finanche la più piccola sfumatura tecnica in grado di aprire nuove strade circa la cattura dei nostri amici pinnuti, durante uno degli ultimi stage riservato ai Pro Staff di casa Shimano, la mia attenzione sembrò essere irrimediabilmente catturata da un accenno di discorso di un collega “dulciacquicolo” che decantava decisamente le doti dei nuovi soft pellets di casa Dynamite Baits.

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Curioso circa un’ulteriore possibilità di osmosi tra il “dolce” ed il “salato”, mi inserii quasi bruscamente nella discussione tanto da acquisire nozioni in grado di spingermi a qualche test in acqua salata.

Viste le caratteristiche peculiari dei prodotti de quo, volendone saggiare le capacità catturanti, in virtù del periodo, decisi di confrontarmi con una tecnica delle più ostiche ossia la ricerca diurna delle occhiate in superficie.

E fu cosi che, con una certa punta di scetticismo, attesi le migliori condizioni meteo per lanciare in mare quella sorta di soffici bon bon al gusto di pesce confidente in risultati che avrete la compiacenza di leggere nelle righe successive.

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Caratteristiche peculiari

Prima di iniziare la cronaca di quanto accaduto, affinché neofiti ed esperti prendano un attimo più confidenza circa l’utilizzo dei soft pellets, accenniamo ad alcune delle principali peculiarità di questo genere di esche.

Ricavati per estrusione o attraverso la più sofisticata tecnica del “dry method”, i soft pellets nascono come alternativa pronta da agganciare sull’amo ai classici pellets da pasturazione.

Associabili ai dozzinali pellets da acquacoltura soltanto per la simile denominazione, questi ultimi sono spesso il frutto di anni di ricerche e di soluzioni iper segrete appositamente pensate per la produzione di un innesco morbido, istantaneamente appetibile e dal potentissimo potere di richiamo.

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Figli di decine e decine di ingredienti diversi, quasi tutti i soft pellets sono, infatti, contraddistinti da una grandissima capacità di rilascio in acqua delle sostanze attiranti, degli olii e degli aromi all’interno contenuti.

Rintracciabili tanto nella versione affondante che galleggiante, una volta immersi nel liquido, in realtà questi piccoli miracoli di tecnologia alieutica iniziano da subito a creare una sorta di invisibile ed irresistibile scia in grado di colpire l’olfatto ed il gusto dei pesci richiamandone l’attenzione finanche da molto lontano.

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Spot e prede

Forte delle ferree convinzioni dei miei dulciacquicoli colleghi, scelsi come location del test il solito antemurale di levante del casalingo molo di Porto Empedocle, uno dei miei spot preferiti e fino a qualche anno addietro uno dei più difficili campi gara dell’intera Sicilia.

Composto principalmente dai classici grandi blocchi di cemento che scompostamente riparano dalle mareggiate provenienti da scirocco, il post di pesca, oltre ad acque spesso cristalline, prevede batimetrie mediamente profonde che degradano su un fondale di fango di oltre 5 mt.. Polo attrattivo di numerose specie di pesci, nel periodo estivo tale struttura sembra catalizzare l’attenzione di aggressivi pelagici quali lecce stella, aguglie, sugherelli e soprattutto di grosse e smaliziatissime occhiate.

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Croce e delizia di moltissimi appassionati locali, le occhiate di specie erano principalmente pesci adulti estremamente sensibili ad input di natura aliena, difficilissimi da portare in pastura e sdegnosi nei confronti dei più comuni inneschi.

A conti fatti la preda perfetta per mettere alla frusta le potenzialità catturanti e le relative doti “salse” di questi simpatici bocconcini in scatola.

Lenze da fissa
Considerata la giornata e soprattutto dopo aver scorto un bel gruppo di occhiate similmente imbrancate aggirarsi pigramente quasi ai piedi dei massi, decisi per un insolito ed adrenalinico approccio a canna fissa.

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In previsione di qualche potenziale bella preda tirai fuori dalla sacca una nuovissima Shimano Exage AX TE2 di 8 mt, leggera, bilanciata ed abbastanza morbida da promettere un bel combattimento con una eventuale occhiata di taglia.

Per quanto riguarda la lenza, nel tentativo di portare i pesci ad abboccare in superficie mi sarei affidato ai “rigoletti” modificati all’inglese normalmente impiegati per la pesca gli schiumaroli.

Una lenza madre dello 0,128, invece, avrebbe portato in pesca un terminale in fluorocarbon dello 0,10 lungo almeno 100 cm totalmente libero da ogni genere di invasiva zavorra.

Non avendo riserva di filo da cedere ma lavorando solo di braccio e di canna, dai pesci che si vedevano scintillare qualche metro sotto la superficie presunsi di essere un tantino “leggero” quanto a diametro terminale.

Condizione necessaria per vedere qualche mangiata, benché ragionevolmente al limite per la pesca con la fissa, non volli aumentare la dimensione del monofilo in quanto non essendo in gara preferivo godermela al massimo.

Magari dopo le prime strappate o con i pesci un po’ più distanti avrei optato per una corta bolognesina di 5 mt con la quale portare più agevolmente i pesci a guadino.

Apriamo le danze
Attrezzature pronte, meteo favorevole, pesci sullo spot, a questo punto toccava alle esche fare il proprio mestiere.

Allo scopo avevo portato con me tre confezioni di soft pellets all’halibut della Dynamite Baits, odorosi ed immediatamente ben avvertibili quanto ad aroma.

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L’intelligente package, evidentemente studiato per risolvere le esigenze d’innesco sia per i grossi specimen di carpa che per qualche preda più piccola, prevedeva pellets di due dimensioni diverse, 10 e 6 mm, esche che impiegai rispettivamente per pastura ed esca.

Iniziai gettando timidamente tre o quattro dei pellets più grandi che, galleggiando sul filo dell’impercettibile corrente, avrebbero dovuto attirare i pesci in superficie.

Soltanto con le occhiate in frenesia, infatti, avrei lanciato gli inneschi attendendo che uno di questi furbi sparidi lo ingollasse per bene.

Passarono almeno 10 minuti e lo scenario prospettato non era dei più esaltanti, le occhiate rimanevano in loco proprio sotto i pellets che in maniera assolutamente imbelle galleggiavano pigramente sul pelo dell’acqua.

Probabilmente le occhiate siciliane sconoscevano le piacevolezze dei grossi halibut nordici.

Un po’ deluso continuai comunque a proporre qualche altro bocconcino attendendo con pazienza fino a quando, nell’acqua chiara vidi distintamente un paio di occhiate avvicinarsi timidamente all’insolito brumeggio.

Non feci in tempo a prenderne degli altri che i pellets “da pastura” scomparirono in un paio di fragorose bollate così in fretta da lasciarmi con un palmo di naso.

A questo punto, afferrata la canna, accompagnai in acqua un piccolo pellets da 6 mm ben innescato su un affilato crystal del 14 a filo lungo e restai in attesa.

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Pochi secondi ed una abboccata tanto aggressiva e veemente da strapparmi quasi la canna di mano mi fece capire che alle occhiate nazionali sembravano piacere questi piccoli bon bon.

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Il combattimento con la canna fissa fu esaltante, l’occhiata è un pesce veloce e potente che esprime il massimo nella fuga iniziale, contenuta la quale può essere in seguito portata a guadino. In quell’occasione finanche la nuova Exage AX TE2 assolse magistralmente il suo compito accompagnando le sfuriate della preda e combattendone la resistenza fino allo sfinimento ed alla risolutiva incoppata finale.

Alla abboccata sopradescritta ne seguirono per fortuna molte altre a riprova che le buone impressioni degli amici carpisti circa l’uso dei soft pellets nella pesca di superficie avrebbero avuto un felice riscontro anche in mare.

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