STRAGE DI CARPE NEL FOSSO GHIAIA: SICCITA’ E BUROCRAZIA, UN MIX LETALE

Ravenna, 29 gennaio 2012 – Sono morte per colpa della siccità, senza che le istituzioni abbiano fatto nulla per evitare la strage. Migliaia di carpe intrappolate nella melma, destinate a marcire o a diventare facile prede di gabbiani e pescatori frodo. Col fetore che aumenta di giorno in giorno, innescando lamentele dalle case vicine. È un triste spettacolo quello che da alcune settimane offre il canale Fosso Ghiaia all’altezza di Borgo Faina. Scene che fanno a pugni con gli obiettivi della legge regionale che avrebbe come obiettivo «la tutela e lo sviluppo della fauna ittica». Il tutto, peraltro, in un’area inserita nel Parco del Delta.

Mentre Provincia e Regione stanno a guardare, le sole mani pietose pronte a raccogliere questi pesci, nel tentativo di salvarne almeno una parte portandole in maceri o nel vicino Ronco, sono quelle di un gruppo di pescatori sportivi del posto. In tre settimane i volontari hanno salvato qualcosa come tre quintali di pesce. E ieri mattina Yuri Camerani, Alex Bratti, Enea e Rocco Roncuzzi, residenti tra San Pietro in Vincoli e Santo Stefano, sono tornati lì, attrezzati con ‘padelle’ — un tipo di rete a forma di bilancia — e bacinelle nel tentativo di strappare al fango il più alto numero di pesci.

Carpe ma anche carassi e lucioperca. Impossibile raccoglierli dal letto del canale prosciugato, per non finire a loro volta intrappolati nelle sabbie mobili. Così i volontari sono costretti a ‘pescarle’ dal ponte. «Non si potrebbe e per paradosso potremmo essere multati», osservano. Morte per colpa della siccità, le carpe, e della burocrazia. «Il Fosso Ghiaia è secco perché non riceve acqua dal Canale Emiliano Romagnolo — spiegano Alex e i suoi amici —. E il motivo è puramente economico. In estate l’acqua viene immessa perché serve agli agricoltori per irrigare, e la pagano. Un interesse che in inverno non c’è». Il canale, lungo una trentina di chilometri, da San Pietro in Vincoli arriva fino al Bevano. Un tempo c’erano ‘buche’ profonde, un paradiso per i pescatori. Oggi è ridotto a un rigagnolo maleodorante. Ma nelle stesse condizioni ci sono altri canali di bonifica come il Fiumicello, il Formella e lo scolo Acquara. «Le istituzioni che parlano di salvaguardia delle biodiversità delle specie ittiche — accusano i pescatori — sono le stesse che non fanno nulla per evitare questo scempio, e che poi spendono migliaia di euro per le immissioni di pesci».

Il salvataggio delle carpe sembra quanto mai difficoltoso. Nella ‘padella’, calata dall’alto del ponticello carrabile, ne possono finire soltanto una piccola parte. Le altre restano lì, in un canale che è poco più di una pozzanghera, incastrate nella melma e destinate a morire. «Sono un pescatore sportivo — spiega Yuri Camerani —, mi piace prendere il pesce per poi rilasciarlo. Altri non intervengono allora tocca farlo a noi, perché un disastro ecologico di questo tipo, che si ripete ogni anno, non è tollerabile».

di Lorenzo Priviato

 

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