UN POMERIGGIO DA “BARTLÒ”

Fiume Bidente Forlì:

La pesca nel fiume, come la chiamano i romagnoli è contraddistinta da un’attività sportiva che non è solo agonismo, tutt’altro, la pesca in fiume da queste parti è uno stile di vita, una passione intergenerazionale e interclassista che viene vissuta nelle case, nei bar, nei negozi di pesca e nelle sedi delle società.

Tutti i romagnoli, nella loro vita prima o poi hanno avuto a che fare con il fiume, conoscono buca per buca, sasso per sasso, e ad ogni posto è stato affibiato un nome, spesso in dialetto romagnolo.

Esempi: “la bùga dè non” è la buca del nonno, “e mutour” è il motore, ” i zris” è i cigliegi.

Insomma ogni buca, ogni striscio ha un nome dato da chissà chi ma tutti sanno quanto pesce può dare una buca piuttosto che un’altra, anzi tutti ricordano anche a distanza di anni catture memorabili fatte da qualcuno in una gara o in una pescata libera.

“Bartlò” è una famosa buca del Bidente, che dovrebbe significare “Bartolo”, forse ha preso il nome di persona perchè chissà quando nel passato un certo pescatore di nome Bartolo vi passava intere giornate, chissà… e proprio in questo scorcio di fiume, magnifico per la pesca a galla che ne è diventata anche una vera palestra, io e il mio amico “Nebbia” abbiamo tentato di insidiare qualche bel pesce.

La giornata è afosa, siamo agli sgoccioli di questa secca estate che passerà alla storia come una tra le più aride e calde del secolo, e i cavedani appaiono annoiati tant’è che dopo un’ora di pesca le nasse languono ancora vuote.

Decido così di spostarmi sul fondo con una pasturazione più concentrata ed abbondante ed infatti dopo 2 minuti arriva la prima affondata decisa, la canna si flette, il cimino della mia Daiwa è in tensione, ma i cavedani agganciati col 0,6 sono sempre una scommessa finchè non sono nel guadino ed infatti, anche se lo specchio d’acqua è limpido, il primo rompe il finale…

Non demordo e rifaccio un tentativo con lo 0,7 pur sapendo che una minima differenza di diametro farà diminuire le abboccate.

Quando si pesca sul fondo spesso è difficile individuare la mangiata “vera”, le più sono scodate di cavedani diffidenti che all’ultimo istante avvertendo il pericolo voltano le spalle all’esca ed evitano l’inganno.

Per questo pesco spesso ” affogato ” come si dice in gergo, sbagliare l’aggancio è frequente ma è l’unico modo per vincere il sospetto del pesce anche se spesso, quando il galleggiante affonda di scatto, la “lisciata” è assicurata.

Spesso è frustrante ma con la scelta dell’acqua, un pò di esperienza e i pallini al posto giusto, si può risolvere anche questo problema.

Insisto e finalmente un bel cavedano si è avventato sull’esca appesa al minuscolo amino ed ora la lotta è aperta.

Non pensavo che fosse cosi grosso finchè non l’ho visto !

Chi frequenta le rive dei fiumi sà che un cavedano quando è grosso spesso è più lento e paradossalmente più facile da “cavare”.

Beh.. ragazzi per farla breve pesato il nostro amico segnava kg 2,140, niente male.

Il pomeriggio è passato lento come le abboccate e alla fine della pescata qualche bel pescione si è lasciato catturare ma come sempre, rispettando l’etica sportiva, ritorna a nuotare felice nel proprio mondo, per l’occasione nella mitica buca di “Bartlò”.

Da Forlì per Match Fishing Roberto Righini

Roberto Righini è di Solarolo Ravenna, ha 52 anni, pesca con la Lenza Forlivese Artico ed è campione italiano di pesca in fiume 2012. 

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