INTERVISTA AD ANDREA COLLINI

Siamo alla vigilia della nuova stagione della Pesca al Colpo ed ho incontrato il titolare della COLMIC e capitano della squadra Campione d’Italia per una chiacchierata sul prossimo Campionato Italiano per squadre di Società e, più in generale, per uno scambio di opinioni sul tema pesca sportiva ed agonismo.

Nel corso della lunga chiacchierata si é unito a noi Franco Miccinesi, cofondatore assieme a Collini del prestigioso marchio fiorentino e famoso agonista. Ho avuto così il piacere di intuire il feeling che ancora unisce questi due personaggi e la magia di questa accoppiata che ha scritto pagine importanti dell’agonismo e del sistema commerciale della pesca sportiva italiana ed europea.

 

Andrea, credo sia giusto iniziare questa intervista a tutto campo partendo dal vostro merito sportivo. Siete i detentori del Titolo di Campioni d’Italia 2013. Complimenti, naturalmente!

A quale quota di Scudetti siete arrivati, come Oltrarno, con quello che avete cucito sulle maglie l’ottobre scorso?

“Siamo arrivati a 8 Titoli italiani come Società, a partire dal primo, nell’82.”

 

Ti ricorda qualcosa, Andrea, quell’anno?

“Mi ricorda molto, ci mancherebbe! A quei tempi, e per diversi anni ancora, gareggiavo ancora ai massimi livelli e in quel campionato vincemmo con la squadra composta dal sottoscritto, Roberto Torri, Torrini e Franco Miccinesi…”

 

Un quartetto che ha scritto belle pagine di gloria sportiva del nostro sport. Roberto Torri, inossidabile, continua a vincere in giro per l’Europa con la Nazionale Master, Torrini é stato un grande nome di quegli anni e poi… Franco Miccinesi, il MIC della COL – MIC: COLlini e MICcinesi, il tuo primo socio…

“Si, con Franco abbiamo fatto un bellissimo cammino assieme, agli inizi, quando lui era già un garista affermato ed io un giovane con tantissima passione e tanta voglia di fare. Iniziammo con un piccolissimo locale, a Firenze e… ora siamo qui, in questa Azienda. Una grande soddisfazione di cui tanta parte la debbo certamente a Franco.”

 

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Tornando al 2014, quest’anno sarà ulteriormente denso di impegni per te e per la squadra di Jacopo, Rudy, Andrea, Stefano, Francesco…

Si. I ragazzi stanno già lavorando e programmando la stagione e la trasferta del Mondiale per Club, oltre agli impegni della Nazionale. Jacopo sta predisponendo tutta la logistica, l’approvvigionamento delle esche, le prove… Personalmente io sono molto più libero; avrò l’onore di essere il Capitano della squadra ma la totalità del lavoro lo svolgono loro, certamente.”

 

Hai menzionato Jacopo come collettore di tutti questi impegni e responsabilità…

“Certo. Un tempo mi occupavo personalmente di tanta parte dell’organizzazione di questi eventi; oggi Jacopo ha fatto grandissimi passi avanti, ha raggiunto una maturazione ed una esperienza unici; ricordo quando lo presi con me all’Oltrarno e poi in COLMIC: aveva 19 anni ed era poco più che un ragazzino, oggi é il campione che é, ha tante responsabilità in azienda e porta avanti non solo la parte inerente l’agonismo praticato ma anche tante cose della ditta ed ha grandi responsabilità. Dico questo anche per chiarire, a chi non lo sapesse, che Falsini non é il privilegiato che va solo a pescare ma é anche un uomo che svolge un lavoro fondamentale in COLMIC  e, passatemi il termine, si fa un….BIP BIP così.”

 

Posso considerarlo come un ideale passaggio di testimone, Andrea?

“E’ una normale logica di continuità. Gli anni passano e, nel tempo, é logico demandare gradualmente, a persone di massima fiducia, una serie di mansioni sempre più importanti. Questo non vuol dire abbandonare, ma creare le condizioni affinché una azienda continui il proprio percorso. Jacopo é una di queste persone, un grandissimo agonista ma anche un lavoratore sempre presente ed efficiente ed é giusto attribuirgli il giusto merito. Pensa che, a volte, non partecipa ad alcune gare minori perché é impegnato in COLMIC per portare avanti i tanti lavori che segue. Un ragazzo con dei grandi valori, innanzitutto.”

 

Torniamo all’agonismo. Sta per partire un Campionato Italiano per Società che, ancora una volta, ha subito una trasformazione nella formula, nel numero delle squadre partecipanti e che, il prossimo anno, dovrebbe trovare un’assetto ancora differente. Il tuo parere sul numero delle formazioni partecipanti a questa edizione 2014, come uomo d’azienda ma anche come ex agonista di alto livello?

“Sono molto combattuto nella risposta. Questo format in se non mi ha mai convinto in pieno, perché rappresenta una verticizzazione dell’agonismo che toglie importanza alle serie inferiori. Il mio termometro del agonismo mi fa percepire che oggi tutti ambiscono a partecipare a quel campionato, solo a quello. Tutto il resto sembra non contare. Ritengo che In un momento difficile come questo sarebbe stato meglio che fossero i personaggi, i campioni del nostro sport, a scendere tra i pescatori piuttosto che, al contrario, far si che fossero gli agonisti a salire a competere con i campioni. Non credo sia giusto che i cosiddetti campioni debbano competere esclusivamente tra di loro ma é giusto che si confrontino con una platea molto più ampia, affinché tutti si rendano conto che questi non sono marziani e che, anche se vincono di più, sono agonisti come gli altri, dai quali si può anche imparare qualcosa pescandovi a fianco, magari in un trofeo di serie A o in un regionale. Questo vuol dire avvicinare l’agonista comune all’idolo, una ambizione a cui tutti tendono, come succede alle stelle del cinema o ai cantanti famosi quando arrivano ai festival: tantissimi vogliono vederli, toccarli, scambiarci una parola. Se la star scende dal palco e si avvicina alla folla, ci parla, si confronta, ci sta in mezzo, diventa una calamita fortissima e mantiene altissimo l’interesse. Se rimane sempre distante, sul palco, diventa una cometa irraggiungibile e può anche perdere il contatto con la base e la realtà.”

 

Il fatto che il C.I.S. sia un campionato nazionale lascia presupporre che anche le squadre del Sud debbano avere una gara da disputare “in casa”. Oggi però ci fermiamo ad Umbertide…

“Non so dirti se oggi il Sud abbia un campo di gara idoneo a questa competizione. Il C.I.S. muove oggi 200 persone e il Sud non credo abbia quanto serve. Peraltro oggi, con le attrezzature che ci sono al seguito, sarebbe impossibile proporre campi e logistiche come quelli che avevamo ad esempio nel Turano, ai miei tempi, quando si pescava in acqua, con qualche cannina da alborelle, 2 o 3 canne fisse e una bolognese e si andava via almeno in due per auto. Si potrebbero però aiutare le formazioni del Sud che decidono di venire al centro nord per gareggiare, con contributi o altro. Voglio fare le mie congratulazioni ai ragazzi del Meridione che hanno disputato la scorsa edizione del C.I.S, sono stati bravissimi, un esempio di sportività unica, sostenendo costi impensabili.”

 

In parte mi hai risposto ma la domanda te la pongo ugualmente, più articolata. La tua opinione sulla opportunità che al C.I.S, la massima competizione del nostro agonismo, partecipi solo una formazione per Società, magari di 5 elementi, come al Mondiale per Club…

Si potrebbe anche fare, naturalmente, con l’unico risultato però che su 50 squadre in rappresentanza di 50 società, ci sarebbero 40 società, o forse più, che si rovinano economicamente per partecipare al Campionato. Tutti vogliono, ovviamente, giocarsi la carta ma, oggettivamente, ci sono livelli differenti all’interno dello stesso campionato, con formazioni di alto livello qualitativo e di esperienza ed altre con possibilità tecniche differenti. Il tutto si trasformerebbe in un massacro, inutile.”

 

Facendolo gareggiare assieme alla grande massa, chiamiamola così, degli agonisti, c’é il rischio di far cadere l’idolo dal piedistallo…

“L’idolo, il campione, quando é veramente tale non ha timore di questo. Se il campione continua a fare le sue competizioni internazionali, consegue i risultati importanti, rimane sempre un idolo. Oggi chi vuole toccare la star, pescarci vicino, deve partecipare al C.I.S, con tutto quello che consegue. Lo stesso limite di 2 squadre in quel campionato é un ulteriore blocco. Una Società importante, che ha l’occasione di allestire e formare anche una eventuale terza squadra e dare impulso al movimento, si vede castrata in questa possibilità e provoca inevitabilmente malumore, a discapito della partecipazione. E tutto il movimento ne risente.”

 

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La tua risposta sottintende uno degli argomenti di questo momento storico del nostro Paese e, inevitabilmente, del nostro agonismo: le difficoltà economiche che condizionano l’attività delle Società. Secondo la tua esperienza, é auspicabile un passo indietro, un ritorno al passato, ad una dimensione più “paesana” del nostro sport, proprio per cercare di recuperare dei valori e degli stimoli che forse si sono persi o appannati, o si tratta solo di irrealizzabile nostalgia?

“La cosa fondamentale in un agonista é ricevere delle soddisfazioni quando raggiunge un obiettivo. Oggi, quando si vince una manifestazione di tono un po’ minore, come un Regionale o un Trofeo di serie A, non si  riceve nessuna gratificazione, di alcun genere. Al massimo un plauso dai compagni di Società. Dopo tanti sacrifici sostenuti, quel agonista, quella squadra, oltre alla soddisfazione personale riceve poco o nulla sul piano della gratificazione pratica, del riconoscimento del risultato. Zero. Sono degli anni che mi batto affinché per i diversi livelli di competizione ci siano degli sbocchi, le famose soddisfazioni, anche in altri ambiti. Prevedere, ad esempio, delle competizioni internazionali, belle, importanti, alle quali anche gli agonisti al di fuori del giro delle Nazionali, possano ambire di partecipare in virtù dei risultati ottenuti nei campionati a cui partecipano. La Coppa Italia, in questo senso, ha aperto una strada ma non dovrebbe essere l’unica. E magari, a qualcuna di queste manifestazioni, come supporto della squadra impegnata ci mandiamo i nostri campioni, che per una volta potrebbero fare le sponde e dispensare consigli. La star che scende al livello della folla dei fans e, con loro, si impegna per un risultato. L’importanza dell’obbiettivo a cui tendere è fondamentale per mantenere vivo l’interesse. Come azienda ti posso dire che, in un progetto con queste caratteristiche, sarei disposto anche ad investire delle risorse per aiutare la squadra che si dovesse recare all’estero per partecipare ad una competizione prestigiosa, allestita per questa finalità, con formazioni straniere. Sarebbe anche un ottimo investimento pubblicitario e di immagine. Di queste cose ne parlavo già dieci anni fa, con altre aziende e con la Federazione, ma le orecchie federali sono sempre state piuttosto chiuse a queste idee. Oggi si parla solo del massimo campionato, gli altri campionati quasi non hanno importanza mediatica: al termine, se hai vinto, ti consegnano una targa o, a volte, neppure quella. Il rischio di disaffezionare i partecipanti, così, é altissimo.”

 

Queste considerazioni chiamano fortemente in causa la Federazione e la considerazione che attribuisce alle serie inferiori…

“Vedo molto assente la Federazione da questo contesto. Ricordo, ad esempio, il trofeo regionale che avevamo qui in Toscana, il Pegaso, una manifestazione sentitissima, che scatenava interesse e motivazioni altissime. Vincere il Pegaso, un campionato a livello regionale, voleva dire festeggiamenti eccezionali, ai quali partecipavano tutte le società, riconoscimenti da parte della Federazione toscana, che ti faceva sentire importante in quell’occasione e motivava moltissimo tanto i vincitori che gli altri, che ambivano a dare il massimo per essere i protagonisti, l’anno successivo.. Oggi, se vinci qualche titolo che non sia l’Italiano per Società, a malapena sei menzionato e quasi nessuno se ne accorge. Non c’è nulla di peggio che l’essere ignorato.”

 

Da quest’anno viene sperimentata una nuova formula di premiazioni, che prevede l’eliminazione dei premi individuali di settore e la premiazione esclusiva di un certo numero di formazioni della classifica finale di ogni gara. Il tuo parere di agonista?

“Credo che questa scelta vada in senso opposto a quanto detto prima sulla necessità di gratificare il pescatore. L’agonista che, una volta nel campionato, magari riesce a vincere o piazzarsi nel settore dove si è confrontato con qualche campione e non riceve nulla, magari perché i suoi compagni non hanno ottenuto piazzamenti tali da farli qualificare tra le prime Società di giornata, vede vanificato il proprio successo e non ne é gratificato in alcun modo, certamente non sarà invogliato ad impegnarsi ulteriormente. Probabilmente i premi saranno appannaggio di un numero ristretto di Squadre mentre le altre saranno ulteriormente penalizzate. Se non ci sono più soldi, meglio non dare più nulla piuttosto che non premiare più i settori.”

 

COLMIC é una Azienda che sponsorizza un numero molto grande di Società, in tutto il Paese. Secondo il tuo parere, con il numero, la tipologia di sponsorizzazioni ed i relativi condizionamenti di mercato prodotti da questo sistema, le sponsorizzazioni sono un valore aggiunto o un freno per il movimento? In sintesi, é meglio il sistema attuale o sarebbe meglio un sistema nel quale le società fossero indipendenti e le Aziende competessero tra loro dal punto di vista commerciale e sulla qualità e lo sviluppo del prodotto?

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“Questo aspetto va considerato in due modi. A livello di competitività commerciale, l’abbandono delle sponsorizzazioni attuali a livello globale sarebbe sicuramente uno stimolo forte. Personalmente io sono propenso alla competizione commerciale, dove la qualità del prodotto ti consente di acquisire quote di mercato o ti fornisce lo stimolo per migliorarti se ne perdi.

Poi si potrebbero trovare altri sistemi si sostegno del settore, magari promuovendo competizioni con premiazioni importanti che possano fornire sostegno alle Società o ai singoli, ecc.

Dal punto di vista dell’orgoglio aziendale ed imprenditoriale, se dovessi pensare che la mia quota di mercato in Italia, che é una realtà unica nel suo genere in Europa, dipenda solo dal numero e dall’entità delle Società sponsorizzate, sarebbe un po’avvilente, non fosse altro per gli sforzi, il lavoro e lo studio dei prodotti che facciamo.”

 

Hai parlato di quote di mercato. Il segmento “agonismo”, da cui nascete, quanto rappresenta del vostro fatturato oggi?

“Se parliamo di Italia, oggi il settore della competizione é probabilmente quello che fa rientrare meno rispetto agli investimenti che facciamo, anche in termini di sponsorizzazioni. Certamente é un mercato che ha delle quote ma noi lavoriamo molto con l’estero, in diversi paesi, dove investiamo in questo senso certamente molto meno e dove c’é un approccio all’agonismo differente.”

 

Cerca di farmi capire in cosa consistono queste differenze tra noi e il resto d’Europa?

“Altrove il prodotto Colmic é conosciuto ed apprezzato per le sue qualità intrinseche, per la sua affidabilità, per la sua tecnologia. Un cliente estero, generalmente, quando ci ha conosciuto ed ha conosciuto l’azienda, il prodotto e come lavora, non ci abbandona più. In Italia l’approccio é differente. Con la sponsorizzazione il mercato si muove diversamente, anche se la nostra filosofia non é mai stata, in questo senso, impositiva verso le Società, alle quali noi non chiediamo ne’ imponiamo in blocco subito e solo il nostro prodotto ma semplicemente una forma di rispetto verso il marchio con qualche piccola dotazione e l’immagine sui campi di gara. Poi, nel tempo, se vogliono dotarsi dei nostri articoli noi li aiutiamo anche in varie forme. All’estero esistono grandi punti vendita in cui sono esposti i prodotti di tante Aziende e la massa dei pescatori valuta ogni acquisto confrontando tra i vari prodotti dello stesso genere e la competizione commerciale è proprio sulla qualità e le caratteristiche dell’articolo.”

 

La competizione commerciale nel settore agonistico é direttamente influenzata anche dalla tipologia delle competizioni, immagino…

“Il sistema agonistico italiano é il più costoso in assoluto, certamente, con una moltitudine di campionati. In altri paesi, a parte le selezioni che portano a designare il campione nazionale o il club che parteciperà al Mondiale, il restante delle gare sono manifestazioni indipendenti, organizzate da negozi o altre entità. Va detto anche che paesi come la Francia, l’Inghilterra o la Spagna hanno una conformazione ed una disponibilità di corsi d’acqua certamente molto più idonei dei nostri; noi abbiamo un territorio infelice da questo punto di vista, allungato, spesso disastrato, con tanti rilievi, ed oggi gran parte dell’agonismo d’alto livello gravita attorno alla Pianura Padana, con buna pace del resto d’Italia. Se noi avessimo un territorio come la Germania, ad esempio, con le nostre tradizioni e la nostra cultura piscatoria, oggi i nostri agonisti e pescatori sarebbero almeno il doppio, ne sono sicuro.”

 

Torniamo all’Italia. Il tuo termometro come uomo d’azienda può rendermi l’idea della situazione della pesca al colpo a casa nostra? Secondo te ci sono realtà geografiche in divenire o la situazione é statica e difficoltosa ovunque?

“Purtroppo la realtà é in crisi ovunque. L’unica regione in cui rimane un discreto movimento ed una possibilità di pratica è l’Emilia, con Ostellato in testa. Tutto il movimento agonistico italiano vede Ostellato come una meta in cui venire a disputare una competizione. E’ triste ma é così. Purtroppo se analizziamo la realtà, partendo da ovest, in Piemonte campi di gara ne abbiamo pochi e più che altro a livello locale; il Po a Torino é ormai inutilizzato. In Lombardia c’è sempre stata carenza di campi gara, un po’ di Fissero, ogni tanto Spinadesco… Il Veneto avrebbe potenzialità ma tranne il Brian non c’é molto per appuntamenti a livello nazionale. Ora il Canal Bianco sembra dare buone possibilità, speriamo. In Toscana, Firenze é morta e sepolta, purtroppo. Resta Pisa, con le problematiche che sappiamo. Poi Umbertide in Umbria e quindi… null’altro o quasi. Resta l’Emilia, con Ostellato, il Cavo Lama che ha avuto i suoi problemi, Medelana, la Fiuma. Pensiamo alla Francia, ad esempio, che é una immensa Pianura Padana e quindi capiamo la differenza.”

 

Veniamo alla specialità del momento, il feeder. Secondo Andrea Collini può trattarsi di un movimento di massa o rimarrà una nicchia?

“Non so risponderti con sicurezza, per ora sta muovendo molto interesse anche se i numeri sono ancora ridotti. Può avere un futuro perché è comunque un sistema catturante e relativamente semplice.

Non voglio ancora considerarlo sotto l’aspetto prettamente agonistico ma solamente come una tecnica amatoriale, che può essere praticata da tutti, in tutti gli ambienti, anche con poca spesa. Si tratta di far crescere un movimento su di una base allargata, popolare. Poi, a livello agonistico, stanno nascendo diverse squadre che hanno voglia di fare, si stanno riavvicinando anche alcuni agonisti che avevano mollato; insomma il feeder qualcosa sta muovendo sicuramente; anche diversi negozi stanno risentendo di questo ed é certamente un bene per tutti.”

 

Hai sfiorato il tema “Firenze” e non si può non parlare per un attimo di questa grandissima decaduta del nostro agonismo. Qual’é la situazione dell’Arno fiorentino, oggi, Andrea?

“Con mio immenso rammarico debbo dire che oggi Firenze é morta, pressoché morta. Se vuoi prender qualche pesce puoi scegliere tra un po’ di alborelle o tentare la sorte di una carpa da svariati chili. In mezzo nient’altro…”

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Hai confermato la presenza delle alborelle, a Firenze, come abbiamo visto a suo tempo nei Mondiali Master e Donne del 2011. E’ impensabile il rilancio della pesca a questi pesciolini per l’agonismo fiorentino?

“Purtroppo la mentalità di oggi é questa e le alborelle non sono quasi considerate. Se il 50% degli agonisti di oggi avessero la mentalità che avevamo noi ai tempi, che siamo vissuti sulle alborelle per anni, senza badare se ne dovevi fare 1000 o 30, probabilmente potremmo anche sfruttare l’Arno a Firenze. Purtroppo, oggi, se proponi una competizione alla ricerca di 50 alborelle o anche di farne 2/3 chili, nono ti trovi dietro quasi nessuno: tutti vogliono prendere il pesce di taglia o comunque fare almeno 5/6 chili di pesci per considerare valida una competizione. E’ profondamente cambiata la mentalità generale dell’agonista. Alla luce di questo, non saprei come si potrebbe rilanciare Firenze come campo gara; va anche detto che sono decenni che per l’Arno non viene fatto nulla o quasi come ripopolamenti. Si é tentato di fare qualcosa per i Mondiali ma parliamo comunque di qualche quintale di carpette in un volume d’acqua enorme come il Terrapieno, la Fonderia, l’Ambasciata. Una goccia nel mare. I ripopolamenti vanno fatti tutti gli anni, con regolarità, per ricostruire una popolazione ittica che oggi é pressoché sparita. Firenze, purtroppo, é morta.”

 

La Toscana non é solo Firenze, però…

“Non c’è molto altro. Gli stessi campi gara di Pisa sono cambiati, oggi sono già un po’ meno pescosi di qualche anno addietro. Resta comunque una bella presenza di varie specie, dai clarius alle carpe, dalle breme ad altro pesce bianco e quindi le competizioni hanno ancora un senso. A Pisa l’Arno ha un innegabile vantaggio: l’acqua muove e quando l’acqua muove i pesci vivono più naturalmente. Pensa che a Firenze si prendono i Clarius nei tratti a monte della città, nelle piane dove la corrente é sempre brillante, lì al posto dei barbi ci sono i clarius, che nell’acqua ossigenata vivono benissimo. Una bella realtà, non grandissima ma viva, é l’Arno di Arezzo, dove abbiamo ancora tanti pesci. Diverse Società di Firenze si sono affiliate alla FIPSAS di Arezzo per disputare almeno delle gare lì.”

 

Venendo alla crisi dei campi di gara e della loro dislocazione, non ritieni che sarebbe giunto il momento di introdurre competizioni di livello anche in impianti privati, le cosiddette acque commerciali?

“Non solo sono d’accordo con te ma ti dico che questo sarà il nostro futuro se vogliamo mantenere attiva la macchina dell’agonismo. Il futuro è quello di creare impianti di grandezza adeguata, vicino ad una grande città, servito da una rete di strade e servizi adeguata, magari con specie idonee alla competizione. Certo che bisogna fare degli investimenti, in tal senso, dei progetti strutturati, magari attingere a fondi comunitari per il rilancio delle attività lavorative e ricreative.”

 

La domanda finale, in queste interviste, é sempre quella che ci riguarda più da vicino, l’editoria. Il tuo parere sul futuro dell’informazione legata alla Pesca Sportiva, sia come carta stampata che come web e tv, e, perché no, anche qualche consiglio…

“Si dice sempre con maggior insistenza che la carta stampata va riducendo la sua importanza nel settore, anche per i costi che comporta a chi la produce e a chi la deve comperare. Anche i contenuti delle Riviste debbono essere analizzati, la loro attualità e pertinenza con un mondo che anagraficamente cambia con lentezza, almeno in certi settori. Il canale informatico é infinitamente più veloce e sempre più disponibile su vasta scala; con l’avvento degli ipad, in ogni luogo ed in ogni momento ogni pescatore può rimanere aggiornato sulla sua passione e su quanto succede nel mondo della pesca. Noi stiamo puntando moltissimo sul web, che é il canale che ti fa conoscere nel mondo. La Tv é l’altra frontiera, molto più costosa, con orizzonti ed approcci differenti, ma sicuramente in espansione e in sinergia con il web.”

 Angelo Borgatti

 

rodottaANDREA COLLINI E FRANCO MICCINESI: UN’ACCOPPIATA VINCENTE!

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