Empoli: “Riportate i pescatori sulle rive dell’Arno”

Appello-­denuncia degli appassionati contro il degrado e l’abbandono delle sponde
di Tommaso Carmignani dal Portale web La Nazione

C’era una volta l’Arno. Un fiume vivo e vissuto. Un corso d’acqua che non era solamente un lento scorrere verso il mare. Empoli e la sua storia sono profondamente legati ad esso, ma qualcuno sembra essersene dimenticato. C’era una volta l’Arno inteso come luogo in cui trascorrere i pomeriggi, magari in compagnia della fedele canna da pesca. In pochi lo sanno, molti dei più giovani lo ignorano, ma il tratto compreso tra i due ponti, quello di Sovigliana e Avane, è sempre stato uno dei più pescosi della provincia. Lo sapevano i bisnonni, che già a inizio ’900 sfruttavano il fiume per sfamarsi, ma lo scoprirono anche alcuni giovani appassionati a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Furono loro a creare il campo gara di pesca sportiva nella zona dei macelli, sulla riva alle spalle del nuovo ospedale San Giuseppe. Vent’anni di attività, divertimento e passione svaniti senza neanche un perché.

“Pescare in Arno a Empoli, oggi, è diventato impossibile”. A parlare con una certa amarezza sono Leonardo Dainelli, 52 anni, e Alessandro Gracci, 53, due dei fondatori del club Amici della Pesca. Raccontano di quando il campo gara ricavato nel fiume era accessibile e pulito, di quando grandi e piccini, specialmente nei mesi estivi, affollavano le sponde dell’Arno alla ricerca di carpe, carassi e cavedani. Ma per capire la storia occorre fare un passo indietro.

Siamo nel 1988 e gli Amici della Pesca sono un gruppo di ragazzi con una passione comune: “Volevamo portare la pesca in città – dicono Gracci e Dainelli – ma la zona che va dal bar del Pino al ponte di Avane, l’unica che si prestava all’organizzazione di un campo gara, era una vera e propria giungla di erbacce e piante. I primi a pescarci dopo tanti anni in cui nessuno lo faceva più furono Loris Lelli e Pasquale Taliani: sfidavano la vegetazione selvaggia e prendevano un sacco di pesci. Incuriositi dai loro racconti ci rimboccammo le maniche e decidemmo di darci da fare”.

Fu un lavoro lungo e faticoso, ma i risultati arrivarono presto. “Eravamo una quarantina di volontari – raccontano ancora i due appassionati – e tutti facevamo la nostra parte. Ripulimmo le sponde, tagliammo l’erba e sistemammo la strada per arrivarci: con nostra grande soddisfazione il campo gara, alla fine del 1988, era pronto”.

Chi ha un po’ di memoria ricorda senz’altro le lunghe file di pescatori sulla sponda empolese del fiume. Nei giorni feriali, pensionati e studenti andavano a divertirsi, il sabato e la domenica, invece, il club Amici della Pesca organizzava l’attività agonistica. Tutto questo è andato avanti fino a metà degli anni 2000, poi degrado e incuria hanno avuto la meglio. “Le sponde di un fiume – dicono Gracci e Dainelli – hanno bisogno di manutenzione continua e attenta. Tagliare l’erba non basta: se si vuol far sì che un campo gara continui a vivere, è necessario rinforzare gli argini, altrimenti l’erosione se li mangia. A Empoli è successo questo: abbiamo dovuto interrompere l’attività perché ormai pescare era diventato pericoloso”.

Quando passano lungo l’Arno osservano con tristezza lo scenario che si presenta loro: le rive sono tristemente abbandonate, i pescatori sono andati altrove e sporcizia e incuria regnano laddove un pizzico di immaginazione e di buona volontà potrebbe far nascere o rinascere, ad esempio, un parco fluviale fruibile anche dai non pescatori. Pensare che qualcuno possa fare quello che fecero loro più di vent’anni fa è ora come ora praticamente impossibile: “I pescatori ci sarebbero, la buona volontà non mancherebbe – riflettono – ma noi, a suo tempo, fummo aiutati molto dal Comune.

Senza quel supporto concreto non avremmo fatto niente. Ora è diventato difficile fare tutto, le istituzioni ci complicano la vita anziché semplificarla. Il campo gara è inaccessibile perché c’è una sbarra lungo la strada di accesso e ai pescatori non pensa nessuno. A volte a noi sembra quasi che l’Arno non faccia più parte della nostra città”.
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