I MACERI: COME ERANO E COME PESCAVAMO

Perché nelle nostre campagne si trovano ancora tanti maceri, apparentemente inutilizzati o inutili?

Perché i maceri sono un elemento caratteristico del paesaggio rurale della pianura emiliana e romagnola, bolognese e ferrarese in particolare, che ha avuto una grandissima importanza nella storia della coltivazione della canapa per secoli e fino alla metà del 1900; e perché ancora oggi, se ben conservati, possono svolgere una funzione di riequilibrio ecologico, favorendo la conservazione di habitat naturali e di specie di flora e fauna selvatica tipici e originari della nostra pianura e delle zone umide.

Storia e natura si sposano quindi in questi piccoli laghetti artificiali sparsi e nascosti in mezzo ai campi, piccole oasi spesso circondate da vegetazione spontanea, che spezzano l’uniformità di un paesaggio rurale ormai prevalentemente piatto e assoggettato alle esigenze di una agricoltura che richiede la massima produttività e l’utilizzo di ogni metro di terra.

Ma, al di là degli aspetti economici, soffermarsi a guardare i nostri maceri è un piccolo omaggio alla memoria del lavoro e delle fatiche dei nostri padri e nonni, e ci offre l’occasione per l’osservazione e la riflessione davanti ad uno spazio naturale che si restringe sempre più.

 


(testo e foto sopra da www.pianurareno.org)

LA PESCA NEI MACERI: COME ERAVAMO…

Un’attrezzatura minimale e sobria, qualche cannetta, un modesto mulinello (quando c’era) e un po’ di minuteria.

Come esche, lombrichi, pasta fatta un po’ alla buona, granoturco, pane e i primi bigattini per i più intraprendenti.

Penso siamo stati in parecchi a cominciare così, e ora che la pesca con i suoi annessi e connessi si è per così dire evoluta, fa un certo effetto ripensare a come si è iniziato quarant’anni fa circa.

Ma poi, è sempre vero che ora le cose sono tanto meglio? Se dal punto di vista tecnico è cambiato molto, lo è anche dal punto di vista emotivo?

E’ con queste considerazioni che tempo fa, ho deciso di passare qualche ora serale a pescare, anzi a ritornare a pescare negli stagni poco lontano da casa dove ho cominciato ad immergere le prime lenze.

Perché è in questi stagni per l’irrigazione agricola chiamati qui da noi bacini, dove in tanti ci siamo avviati a questa pratica.

Ho puntato l’attenzione su alcuni di questi e la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a ritrovali.

L’agricoltura per cui sono stati scavati è cambiata parecchio, le colture sono diverse e anche loro lo sono, nel senso che in qualche caso sono lasciati un po’ a se stessi, ma dal punto di vista piscatorio non è necessariamente un male….anzi.

Così ho cominciato con un minimo di pasturazione, ho tirato fuori le mie attrezzature più datate, ( ma dove sono poi le nuove?) e ho trascorso qualche ora serale estiva a praticare una pesca semplice poco tecnica e tranquilla ma non per questo meno divertente e godibile anche perché i nostri amici pinnuti hanno collaborato con un discreto entusiasmo.

Nel loro piccolo questi specchi d’acqua hanno un loro ecosistema, sia al loro interno che all’esterno, infatti avvicinandomi mi è capitato più volte di vedermi alzare davanti al naso il solito airone cenerino che evidentemente è solito visitare quel luogo per non parlare dei veloci passaggi di un martin pescatore con i suoi inconfondibili colori.

Sono state piccole sessioni di pesca, come va di moda dire oggi, sempre proficue e mai noiose.

Ho ritrovato i pesci di allora: carpe, carassi, rari pesci rossi e scardole.

Ma nel tempo qualche altro pescatore deve avere visitato e ripopolato questi posti perché si sono visti anche cavedani, persici e qualche breme.

In definitiva è stata una trovata divertente che ripeterò anche la prossima primavera tempo permettendo, magari pescando con un po’ più con cattiveria perché alcune rotture mi fanno pensare a qualche pezzo da novanta, forse qualche amur arrivati lì chissà come…. soprattutto cercherò di visitare anche altri laghetti perché ognuno di questi ha le proprie caratteristiche e può riservare piacevoli sorprese.

per Match Fishing, Gualtiero Casalboni, di Cesena

panoramica di un MACERO tipo specchio d’acqua utilizzato dagli agricoltori romagnoli per coltivare la canapa e dissetare i campi coltivati

vicino alla vegetazione le catture sono sempre state numerose

i carassi sono pesci che si sono ambientati benissimo in queste acque stagnanti. le uova di zanzara il loro cibo preferito.

una carpetta dalla livrea tipica. alla fine della pescata tutto il pesce finiva sempre in acqua

i germani reali abitanti comuni di questi stagni

la bellezza e il profumo di queste ninfee davano un tocco di grazia all’ambiente

una postazione tipica sull’argine e l’attrezzatura pronta all’uso

un angolo profondo del macero rifugio di carpe di grossa taglia

carassi dorati ricercati da tutti noi bambini

una cassetta autocostruita per conservare la minuteria da pesca

un saluto a tutti dalla pesca dei maceri della Romagna

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