LICENZA DI PESCA IN MARE: IL PARERE DI GABRIELE TUBERTINI

Io voglio partire da lontano e dato che quel mezzo di comunicazione che ha rivoluzionato il mondo (INTERNET) me lo consente, vorrei sapere se i pescatori dilettanti la pensano come me o al contrario.

Qualche tempo fa, l’allora Ministro dell’agricoltura in quanto pescatore, decise di voler sapere quanti erano i pescatori ricreativi in mare, censimento che si poteva ottenere solo sottoscrivendo un permesso di pesca gratuito. E ripeto gratuito.

Alcuni componenti dell’associazione FIPO, da non confondere con FIPSAS, erano contrari; asserivano che si stava spianando la strada ad una licenza a pagamento. Io ed altri miei colleghi “favorevoli” perché avremmo finalmente saputo in quanti eravamo e cosa potevamo contare nella società.

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Il permesso, ripeto gratuito e non obbligatorio, ci portò al numero di 865.000 cittadini che sarebbero stati molti di più, in quanto un cambio di Ministro determinò la sospensione del progetto.

Sono malizioso se mi chiedo il perché dava tanta noia quantificare in quanti siamo?

Comunque la mossa fu tardiva; 865.000 pescatori in mare avevano aderito, più quelli dell’acqua dolce e non esagero se complessivamente passiamo i 2.000.000 di cittadini. Cittadini che votano.

Chi non va a pescare non può capire cosa conti per noi questo hobby; e chi mi vuol capire capisca.

Detto questo io ringrazio sentitamente il mio Presidente FIPO sig.Ciro Esposito per l’impegno promosso, però personalmente non griderei vittoria perché non abbiamo ottenuto niente di quanto già non ci fossimo prefissi, anzi ci hanno rimessi in un cantuccio.

Ok non dovremmo pagare una licenza, ognuno di noi risparmierà 15/20/25 €, storia chiusa.

Non si accenna minimamente ad interventi per risolvere i gravi, se non gravissimi, problemi che riguardano tutti gli ambienti acquatici e il calo di pescosità dovuto a sistemi di pesca distruttivi utilizzati sistematicamente e resi possibili da strumentazioni sempre più sofisticate in grado di individuare i pesci a distanze impensabili.

Una lobby di pescherecci ben organizzata, che dettano legge e che agiscono contro gli stessi colleghi che pescano con metodi sostenibili; si sono appropriati delle acque pubbliche e non si limitano più al mare ma anche nell’acqua dolce.

Recente è il filmato amatoriale di un raid compiuto ad Adria nel canal Bianco.

Costoro, e tutti lo sappiamo con strascicate anche sotto costa, distruggono i fondali, le alghe, le zone di riproduzione con conseguente eliminazione di uova e avanotti, per non parlare poi di quelle famigerate cianciole e volanti che catturano i riproduttori quando si imbrancano per espletare il ciclo riproduttivo.

Basta andare nei mercati ittici dove la categoria ha interessi per rendersene conto. Bancali di pesci in fase di sviluppo, grossi pesci con la pancia piena di uova pronte per essere deposte, per non parlare poi del pesce di importazione che in molti casi viene commercializzato fraudolentemente come nostrano e prezzi insostenibili.

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Io vorrei sapere dai nostri politici, di qualsiasi colore siano, se si sono mai chiesti cosa rappresenta questa categoria in un contesto social economico.

Creano forse posti di lavoro, ben pochi influiscono positivamente sul nostro PIL; mi sembra proprio di no se il quantitativo di pesce importato si quantifica nel 70% del totale.

La controparte risponderà “Quello che peschiamo non basta a soddisfare la richiesta. Cosa dobbiamo fare?”.

Ok allora continuiamo ad impoverire i nostri mari ed importiamo sempre di più, in questo modo continueremo ad aumentare i prezzi e diminuire il PIL.

Noi al contrario rappresentiamo un indotto che fa lavorare decine di migliaia di persone fra mercato e produzione di articoli per la pesca; determiniamo un impatto turistico rilevante, incrementiamo la nautica, siamo partecipi allo sviluppo di tantissimi porti turistici nei quali posteggiamo le nostre barche pagando fior di quattrini ecc ecc.

Se sommiamo tutto e quantifichiamo le entrate, quanti soldi riceve lo Stato da noi?

Io non voglio nascondermi dietro un dito, avrete capito che sono favorevole ad una licenza di pesca purché con assoluta trasparenza le risorse vengano utilizzate per risolvere i problemi, rendere più pescosi i nostri mari per creare delle cooperative gestite da pescatori professionisti che incrementino in modo serio l’acquacultura.

Per cooperative intendo quei pescatori professionisti che possono trovare una fonte di reddito adeguato alleggerendo la pressione nel mare.

Mi sembra che non chiediamo la luna o vantaggi personali; noi non vendiamo i pesci anzi sempre più spesso li liberiamo.

Accettiamo di essere regolamentati nei quantitativi, pretendiamo vigilanza e dato che ci siamo vogliamo ribadire con fermezza che se c’è qualche mela marcia fra di noi non si tratta di un pescatore ricreativo ma di un bracconiere e come tale deve essere trattato.

La FIPSAS quando becca un tesserato lo radia dall’associazione; e questo è un esempio da prendere in considerazione. Se sfrutti a fini economici un patrimonio pubblico senza autorizzazione, sei un ladro e come tale devi essere trattato.

Questo è quello che auspichiamo venga fatto, rendendoci disponibili ad individuare delle soluzioni soddisfacenti che non vadino in contrasto con la pesca professionale sostenibile.

In questo caso io non metto in discussione la buona fede e l’onestà dei politici firmatari di quest’atto parlamentare, anzi gli dico grazie dell’interessamento ma non basta. Bisogna metterli in condizione di conoscere la realtà, quella vera.

Occorre formare come già fanno in molti stati americani una commissione nella quale noi dilettanti in ragione a quello che realmente rappresentiamo, possiamo dire la nostra verità; conseguentemente la controparte esporrà le sue obiezioni e i politici avranno poi il compito della legiferazione. La quadra si trova. E’ l’interesse generale che deve prevalere.

Non si può pretendere da chi non è un pescatore di risolvere i problemi che non conosce, ha bisogno di informazioni serie e veritiere; e chi meglio di noi gliele può documentare.

Concludo: abbiamo iniziato a suonare il tam-tam, non facciamoci zittire per un biscottino, abbiamo tutte le carte in regola per giocarci la partita.

L’avversario è ben organizzato a falsare la verità, organizziamoci anche noi.

Cosa ci manca? Usufruiamo di canali televisivi, organi di stampa, siti internet. Siamo in tanti e possiamo allargare la platea, l’opinione pubblica deve sapere cosa succede, i consumatori devono sapere perché un pesce è diventato un bene di lusso che solo in pochi si possono permettere, frutto di una cattiva gestione di questa risorsa.

Io la penso così ma non pretendo di avere la verità in tasca su di un argomento che potrebbe essere controverso; mai e poi mai mi batterei per un qualcosa di non gradito dai pescatori, quindi per chiarirci tutti le idee proporrei una campagna informativa da sviluppare tramite la rete, le riviste, la televisione e quant’altro proponendo una specie di referendum che oltre a quantificarci ci ponga due quesiti semplicissimi SI o NO!

Per il SI chi è d’accordo su una licenza da 20€, purché le risorse ricavate vengano categoricamente convogliate PRO-MARE ed ACQUA DOLCE e destinate per ripristinare e ripopolare ambienti e zone acquatiche.

Per il NO chi non è d’accordo perché ritiene che sarebbe un inutile balzello in quanto ritiene non ci sia la volontà istituzionale e politica di risolvere i problemi.

SI e NO sottoscritti e corredati dalle proprie motivazioni.

Mi appello sopratutto ai giovani che hanno più dimestichezza con la rete, sveglia e datevi una mossa prima che sia troppo tardi, cosa vi costa in fondo usare due minuti del vostro tempo a difesa del vostro hobby preferito.

Proporrei un sito di collegamento nel quale convogliare tutte le risposte.

Un cordiale saluto, Lele Tubertini.

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