LE DODICI STELLE DI SIMONA…

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“…ho iniziato a pescare 26 anni fa,… per “colpa” di mio papà che mi portò a vedere una gara in un laghetto… Quell’ambiente mi piacque da subito talmente tanto che iniziai a pescare per scherzo. .. era maggio e le mie prime canne furono delle 4 – 5 metri, con il mulinello, e pescavo le carpe con il mais, sottosponda. La prima carpa che presi mi scatenò una scarica di adrenalina fortissima che dura ancora oggi!…”

Siamo al termine della stagione 2016, tempo di consuntivi, e la pesca al colpo femminile non fa eccezione. E la pesca al colpo femminile italiana vuol dire innanzitutto Simona Pollastri!

La modenese, che in vero è assai famosa anche oltre confine tra gli estimatori del nostro sport grazie alla sua lunga militanza in Nazionale, come già scritto ha un palmares stratosferico, sia nazionale che internazionale, che probabilmente non ha eguali.

Proprio nel settembre scorso Simona ha aggiunto altri due prestigiosi ricordi al suo medagliere personale: un bel bronzo a squadre con la Nazionale e un ennesimo scudetto individuale. La dodicesima stella, appunto!

Per vari motivi, oggi la campionessa della Ghirlandina é ad un punto cruciale della sua carriera agonistica, e quindi ho voluto incontrarla per una chiacchierata a tutto campo, sul passato e sul futuro…

Simona, hai vinto talmente tanto che all’indomani del Titolo vinto a Spinadesco sono stati dati diversi numeri sugli Scudetti individuali che hai portato a casa. Vogliamo fare il punto fermo della situazione?

“E’ vero. E’ stato scritto che sono 13, addirittura 14. In realtà sono solo 12 con quello del Navigabile.”

Beh, già dire “solo” dodici fa venire il mal di testa a tanti, me compreso! Prima di affrontare altri argomenti vorrei spendere con te alcune parole sullo Scudetto che ti sei appuntata sul petto a Spinadesco. Ho usato apposta i termini “ti sei appuntata” per sottolineare la grinta agonistica che hai sfoderato in questo campionato, anzi userei il termine “cattiveria agonistica” per definire i tuoi quattro primi, di cui tre assoluti, il secondo ed il terzo ti che hanno fatto dominare questo Campionato Italiano…

“Ti confesso che ho cercato il botto anche nell’ultima prova di Spinadesco, quella in cui poi ho fatto tre, quasi un “o la va o la spacca!”, anche se forse non era molto giusto farlo. Ero molto tesa e stanca, appena tornata da un Mondiale bello ma molto faticoso, dopo il quale non abbiamo avuto tempo di riposare; e io sono quasi sempre da sola a preparare tutto quello che serve per le nostre gare… gli anni passano, lo stress aumenta ed i tempi di recupero si dilatano. Sono arrivata a quell’ultima prova dopo aver dato tutto.”

Però hai fatto comunque una bella gara e avete anche catturato abbastanza…

“Si, debbo dire che Spinadesco per noi é stato meno avaro che nelle gare disputate in precedenza. Erano anni che non ci pescavo; avevo visto le gare del CIS, dove c’erano stati anche diversi cappotti, ed altre gare di prova e mi aspettavo una gara molto scarsa. A tal proposito ho sentito diverse lamentele, che non condivido, perché la pesca agonistica é anche questa, ossia anche essere pronte a “trovare” anche solo due/tre pesciolini, cercare qualche orologio sotto sponda, trovando il modo per farlo meglio degli altri così da far muovere l’ago della bilancia. Ricordo un Club Azzurro femminile di 22 anni fa,proprio a Spinadesco, a fianco degli uomini, con C.T. Carlo Chines per entrambe le categorie, ed entrambi i giorni feci l’assoluto con gli orologi, pescati sia sotto che a 13 metri, battendo anche gli uomini. Questo per dire che la peschina di ricerca mi é sempre stata congeniale. Credo di aver fatto due belle gare anche questa volta, in condizioni difficili di caldo e tensione perché volevo vincere assolutamente.”

Quello della peschina, della ricerca, é un argomento che spesso divide il popolo degli agonisti: il garista deve adattarsi alle condizioni o una gara é valida solo quando si fanno tante catture?

“E’ evidente che se si può catturare molto è più divertente e gratificante ma io ritengo che il vero agonista é tale se si sa adattare alle situazioni; spesso, e ne ho avuto più volte la conferma all’estero, le gare si risolvono anche con la sola cattura di 4/5 pesci, magari anche non grossi, quindi bisogna sempre adattarsi alle situazioni e trovare il modo di vedere una mangiata in più degli altri, che siano 100 o solo 1.”

Hai fatto riferimento alle tue esperienze all’estero, per i Mondiali. Spesso in altri Paesi le gare sono molto misere in termini di pescato…

“Ho partecipato a 23 Mondiali, tutti quelli organizzati sino ad ora per le donne, oltre ad averne visti diversi degli uomini come spettatrice, é posso dirti che la maggioranza sono stati di ricerca; in pochi casi, come ad esempio quest’anno, si é dovuto privilegiare la velocità alla pazienza, tantissime volte è stato il contrario. E ti confesso che non mi dispiace trovarmi in quelle situazioni di difficoltà, perché lo trovo stimolante. A Spinadesco, per le ultime due gare dell’Italiano è stato simile: una ricerca estenuante degli orologi, pesci di pochi grammi ma da ricercare nel modo giusto altrimenti non si catturano.”

Hai rivinto lo Scudetto dopo alcuni anni… qual’é stata l’ultima volta?

“Fu in Fiuma, nel 2011.”

Prima ho accennato alla tua “cattiveria agonistica” in riferimento alla grinta con cui hai disputato questa edizione, quasi che tu volessi mandare un messaggio a qualcuno…

“Io sono una persona solare, mi piace ridere e scherzare e le “puttanate” mi stanno sul gozzo. Spesso mi accusano di avere un caratteraccio, e forse hanno ragione, ma io sono schietta e diretta. E vorrei che anche gli altri lo fossero, che si dicessero le cose in faccia, direttamente all’interessato. Da questo modo di fare possono nascere cose belle o brutte ma perlomeno chiare. Come Nazionale femminile l’Italia ha un gruppo forte, competitivo ma a volte minato da polemiche più o meno velate; abbiamo ragazze giovani forti, alle quali noi esperte possiamo trasmettere molte cose, frutto delle nostre esperienze, ma occorre imparare a dimostrare sul campo quanto si vale, ad iniziare dai valori della sportività, il primo dei quali é gioire delle vittorie ma saper accettare le sconfitte ed essere umili per chiedere a chi ha più esperienza, senza cercare alibi nella giovinezza, nella sfortuna o altro. Spesso mi hanno accusato per il mio carattere “forte” ma sono anche molto sensibile e le polemiche mi feriscono molto, tanto da arrivare a dire sempre più spesso che voglio smettere. E ultimamente le polemiche sono troppo frequenti. Mi hanno contestato che dovrei lasciare il posto ad altre perchè ormai ho dato tutto: ben venga chi mi saprà sostituire, è la legge dello sport; ma quest’anno ho voluto far vedere a qualcuno che posso dire ancora la mia. E credo di esserci riuscita, magari anche con un pizzico di fortuna, che ci vuole sempre ma che occorre saper sfruttare appieno quando capita.”

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Non me ne vogliano le tue colleghe/avversarie agoniste ma credo che sia indiscutibile il fatto che tu sia la “premiere dame” della pesca al colpo agonistica italiana, non perché tu sia stata la prima ma per i tuoi anni di militanza ad altissimo livello e per i risultati conseguiti in oltre 20 di onorata carriera. Come nasce la Simona pescatrice?

“Ho iniziato a pescare 26 anni fa, quindi ero grande, per “colpa” di mio papà che mi portò a vedere una gara in un laghetto, nei dintorni di Modena. Da bambina avevo fatto qualche garetta da pierin pescatore, nelle vasche dei pesci rossi, ma nulla più. Quell’ambiente del carpodromo mi piacque da subito talmente tanto che iniziai a pescare per scherzo. Ricordo che era maggio e le mie prime canne furono delle 4 – 5 metri, con il mulinello, e pescavo le carpe con il mais nel sottosponda, la prima rattopesca di quei tempi come si faceva dalle nostre parti. La prima carpa che presi mi scatenò una scarica di adrenalina fortissima che ricordo ancora oggi!

Mio padre pescava a roubaisienne e a Natale di quell’anno me ne regalò una. Cominciai a fare le prime gare nei laghetti, a coppie con mio padre o altri; frequentavo i Laghi di S. Cesario e lì un giorno incontrai anche Glauco Tubertini che gareggiava spesso lì, in estate, e con lui feci alcune gare a coppie. Lo massacrai letteralmente e lui mi propose di entrare nella Lenza Emiliana Tubertini, la mia unica Società da 25 anni. Ho pescato tanto, in quegli anni, con Oscar Ferrari, con Andrea Polesi ed altri forti specialisti di quella tipologia di pesca. In certi laghi arrivarono a cambiarmi il mais che usavo io obbligandomi ad usare con il loro, pensando che usassi chissà cosa, o a proibirci la pesca a galla, nella quale eravamo fortissimi, e noi pescavamo in altro modo. Ed ho vinto tante, veramente tante gare.”

Tanti anni di militanza nella Lenza Emiliana ti hanno permesso di conoscere tanti grandi campioni che hanno vestito quella maglia…

“Certamente! Tra i tanti ho un bellissimo ricordo di Giampiero Barbetta, allora il numero 1 in Italia, che quando apprese che la Federazione voleva allestire una Nazionale femminile, chiamò l’allora C.T. Chines per dirgli che aveva una ragazza che sapeva pescare benissimo a roubaisienne; era il ’93 e Chines gli disse di farmi partecipare alle Selezioni perché potesse conoscermi ed io andai. E vinsi tutte le quattro prove entrando a far parte della Nazionale. Da allora non ho mai mancato un appuntamento iridato…”

Quelli erano i tempi gloriosi per la pesca agonistica in genere, gli anni del massimo boom ed anche il nascente movimento femminile non ne era immune…

“Certo. Prima di allora c’erano state donne agoniste, sporadiche e non organizzate, che gareggiavano con gli uomini, spesso con i mariti. In quell’anno e in quelli immediatamente seguenti si organizzò invece un vero e proprio settore dedicato alle donne. Alle prime edizioni di Club Azzurro femminile eravamo in 50, ad Ostellato. Per diverse edizioni l’entusiasmo fu il collante maggiore del movimento femminile, con l’energia e la spontaneità tipica delle donne che lo differenziava da quello più strutturato e competitivo degli uomini. Furono anni molto belli, durante i quali si é costruito tanto e grazie ai quali sono nate anche belle amicizie, alcune delle quali durano tutt’ora; poi iniziarono le prime rinunce, gli abbandoni, il ridimensionamento, con alti e bassi, sino ad oggi. Quest’anno abbiamo disputato il Campionato Italiano in meno di venti, nonostante alcuni giovani innesti degli ultimi anni.”

Quindi, a metà degli anni ’90, il mondo femminile della pesca agonistica italiana era molto più numeroso e, soprattutto, entusiasta. Poi siamo arrivati ad oggi…

“Si, un grande entusiasmo, come spesso accade per le cose nuove. Pensare ad oltre 50 agoniste, con un bagaglio tecnico mediamente buono o molto buono, frutto anche del confrontarsi sempre con il mondo maschile, furono il patrimonio di partenza della Federazione nel settore femminile. Ricordo che il primo Mondiale lo disputammo proprio in Bulgaria, a Plovdiv, dove i Seniores sono andati quest’anno! La prima cosa che ricordo di quel periodo é il rispetto reciproco che c’era fra tutti, agoniste, tecnici e uomini della Federazione, un rispetto che oggi faccio spesso fatica a trovare.

Oggi, nell’organizzazione della pesca agonistica femminile certamente qualcosa non funziona, lo dicono i numeri. E non perché manchino le pescatrici, manca probabilmente l’appeal, lo stimolo che le attiri a confrontarsi su di un campo di gara.”

A quei tempi non c’era uno staff tecnico dedicato ma era lo stesso C.T. degli uomini a gestire tutto il movimento, anche quello che portava alla creazione della Nazionale…

“Esatto, ero lo stesso Chines che ci coordinava. Partimmo con otto prove di Campionato Italiano e quattro stage di formazione della Nazionale. In seguito diminuirono le prove dell’Italiano e aumentarono gli stage; insomma le formule si andarono assestando ma l’impegno era comunque numericamente maggiore di quello di oggi, si pescava di più. A quel tempo gli stage si svolgevano tra 12 ragazze ed i Capitani davano anche tante indicazioni tecniche, consigli, suggerimenti sull’uso di pasture, esche , terre ecc. Poi questa cosa é andata scemando: Il Club Azzurro non si fa più, le prove del Campionato Italiano sono state ridotte e siamo arrivate ad oggi.”

Nessuno meglio di te, che hai vissuto da dentro tutto il movimento femminile della pesca agonistica italiana, può forse indicare quando c’è stata l’inversione di tendenza. Ossia, quando hai iniziato ad avvertire che la china discendente della partecipazione e dell’entusiasmo stava diventando sempre più ripida?

“Quella sensazione io l’ho avvertita chiaramente negli ultimi sette/otto anni. Fino ad allora c’era ancora un certo “tiro”, una spinta in avanti. Poi non so dirti cosa sia successo ma qualcosa é cambiato, sono aumentate le piccole polemiche più o meno sotterranee, i malumori, le indiscrezioni, spesso anche trapelanti sui social. Le divergenze, inevitabili in ogni contesto di esperienze comuni fra più persone, sono state sempre meno regolate faccia a faccia tra gli interessati ma si sono dipanate in altri ambiti, generando spesso malumori ed incomprensioni. E questo non fa bene all’ambiente.”

 

SIMONA POLLASTRI

 

In una risposta precedente mi hai accennato al fatto che tu sei sempre da sola nella preparazione della gara e nelle difficoltà che questo genera. Vuoi spiegarmi meglio?

“Mi riferivo al fatto che, a differenza dei primi tempi, nei quali forse io avevo qualche nozione in più di molte altre su pasture e materiali, grazie all’aiuto del mio compagno, oggi tutte sono molto competitive ed hanno al seguito uno o più accompagnatori che le aiutano o fanno da sponda, ed é importantissimo avere qualcuno di fidato con cui confrontarsi anche durante la gara. Io spesso non posso avere questo aiuto e le cose sono molto più complicate e faticose.”

Hai detto che le tue prime esperienze e la tua passione per questo sport sono nate con le gare in carpodromo, con la pesca delle carpe. Frequenti ancora questi ambienti?

“No, non vado più nel laghetti da alcuni anni, almeno 5 o 6. Pensa che la mia mamma mi diceva sempre “non andare in quei laghetti marci, vai a pescare nei fiumi, Simona. Meglio un pesce in meno ma che sia un pesce di fiume!” Ora non vado più nei laghetti, che ho comunque amato molto e nei quali, ripeto, ho imparato tantissimo; quando sono libera dalle gare vado ogni tanto in fiume, a prendere barbi e cavedani, a bolognese, una pesca che mi piace moltissimo.”

Parliamo un po’ della parte femminile di Simona… Siamo abituati a vederti sui campi di gara, impegnata in un contesto che consideriamo, certamente sbagliando, molto maschile; ma com’é la vita della Pollastri nei giorni della settimana, nella quotidianità?

“Normalissima, assolutamente. Lavoro a parte, che é sempre legato a questo ambiente, lavorando io per la Tubertini, per il resto ho un compagno che mi adora e mi tratta da principessa, faccio le cose che fanno tutte le donne, ho una vita bella che non cambierei con nient’altro, la mia famiglia mi é molto vicina, ed é una cosa molto importante… Mi considero una donna fortunata ed apprezzo quello che ho. Poi, per fortuna, tra i miei difetti non ho l’invidia, la causa spesso di tanti litigi, per cui riesco a vivere in pace con me stessa.”

Hai altre passioni oltre la pesca?

” Amo la musica, che accompagna quasi ogni momento della mia vita, sia di lavoro che di svago. Un tempo amavo sciare ma ho dovuto fare una scelta e l’ho abbandonato. Per il resto pesco!”

Torniamo alla pesca pescata. Secondo te la distinzione tra pesca maschile e femminile ha ragione di essere e limita o favorisce la partecipazione delle donne alla pratica agonistica?

“Secondo me la pesca non ha particolari ragioni fisiche per fare la distinzione tra i due sessi, non necessitando di particolare forza per usare le attrezzature attuali e le tecniche più in voga. In giro per l’Italia e l’Europa ho visto e vedo tante ragazze e donne che si divertono con la pesca, anche con gli uomini.”

Le tue tante trasferte all’estero ti hanno dato possibilità di vedere e valutare l’entità del fenomeno “pesca al femminile” nel corso di almeno due decenni e paragonarlo a quello italiano. Sapresti dirmi se lo valuti in espansione o in contrazione?

“Il Mondiale che ha visto il maggior numero di adesioni ne ha contate 19 direi. Quest’anno mancavano il Sud Africa e la Germania. Tecnicamente, come nell’ambito maschile, i paesi dell’Est hanno avuto una progressione qualitativa enorme ed oggi non ci sono più squadre materasso come forse un tempo. Numericamente non riesco a darti una fotografia del movimento a livello europeo; posso dirti che per l’Italia ci sono forze femminili nuove che pescano ma non si avvicinano al mondo agonistico. Ti dico questo con cognizione di causa, perché solo io, sui social, sono in contatto con almeno 7/8 ragazze che mi chiedono consigli, pareri. Immagino che anche altri abbiano i medesimi riscontri. Ma queste ragazze preferiscono andare a pescare per conto proprio e non fare gare. All’estero, invece, negli ultimi anni ho visto diversi cambiamenti nelle Nazionali.”

Una domanda che ho fatto a diversi campioni del nostro mondo, un po’ provocatoria: se domattina tu fossi un Dirigente federale con pieni poteri, cosa faresti per promuovere la pesca femminile in Italia?

“Domanda difficilissima… Forse bisognerebbe fare dei passi indietro per cercare di recuperare uno spirito che si é andato perdendo. Secondo me negli ultimi anni é peggiorato il modo di lavorare per la pesca femminile, sia per quanto riguarda il Campionato Italiano di categoria che per la Nazionale. Ma la promozione, indispensabile per trovare e far avvicinare forze nuove, si deve fare sul territorio, tramite le Sezioni provinciali, magari con alcuni eventi organizzati appositamente, non competitivi necessariamente, dislocati in vari posti nel Paese, e alla quale fare intervenire in veste di promoter le componenti la Nazionale o altre agoniste in attività, che potrebbero non solo insegnare ma, soprattutto, parlare delle loro esperienze, chiarire aspetti che possono incutere timore ad avvicinarsi al mondo delle gare… insomma fare promozione. Resta comunque inteso che é una cosa certamente difficile.”

Come senatrice della Nazionale, ritengo doveroso chiederti un parere sulle nostre giovani, non solo quelle in Azzurro ma anche le nuove che disputano l’Italiano…

“Le ragazze della Nazionale sono veramente brave e lo hanno dimostrato in varie occasioni ma anche le altre sono competitive, molto appassionate e desiderose di fare bene. Io ho molta fiducia in queste giovani forze. Molto sta in loro, comunque, nella loro voglia di arrivare, di sacrificarsi, di gareggiare; ma il potenziale c’é sicuramente!”

 

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Da circa un anno, forse più, mi stai dicendo che hai qualche problema agli occhi… Vogliamo dirlo anche ai nostri lettori?

“Purtroppo si. Otto anni fa mi diagnosticarono un glaucoma importante, che in questi anni é andato peggiorando. Sono in cura ma la vista diminuisce e gli occhiali stanno tamponando la situazione. Anche questo non contribuisce a mantenermi serena…”

Se potessi tornare indietro, cosa cambieresti della tua vita sportiva?

“Nulla! Ho avuto talmente tanto che non cambierei nulla. Andrei solo più a pescare, se fosse possibile!”

Veniamo al futuro sportivo di Simona Pollastri. Siamo alla fine della stagione 2016, Simona, per il 2017 cosa facciamo? Mi prenoto già per un intervista o questa sarà l’ultima da agonista in attività?

“Spero che i miei occhi tengano botta e quindi, visto che mi sento incazzata, sei già prenotato per la prossima intervista, nel 2017! Poi il prossimo Mondiale sarà in Ungheria, dove siamo già state con Giampiero e io voglio tornarci per fare bene!”

Amiche ed avversarie avvisate: la Simo é ancora sul piede di guerra!

Angelo Borgattiarticolo_magic_simona_pollastri_e_sono_10_foto1

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