Caccia grossa ai signori del freddo con la GOLD LYON di casa Colmic

Il gran caldo dell’estate appena trascorsa è ormai solo un lontano ricordo, ma questo scorcio d’autunno rimane comunque un ottimo spunto per trascorrere serenamente qualche bella giornata di pesca, lontano dallo stress agonistico delle gare, dal quale peraltro non mi dispiace affatto staccare un po’, in attesa dei prossimi appuntamenti in calendario.

Intanto però, è ora che inizia il periodo migliore per andare a caccia dei pesci più belli, di quei “signori del freddo” che devono essere pescati come si deve e cioè, facendo appello a tutta l’esperienza e l’istinto che distinguono il pescatore da chi invece va semplicemente a pesca.

I grossi barbi europei, i pighi e i cavedani dei nostri fiumi, da ora in avanti saranno le prede più ambite da chi ama la pesca invernale e che per questo antepone la qualità alla quantità, anche se talvolta, come in occasione della giornata che sto per raccontarvi, queste due essenze possono andare di pari passo.

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Tutto è iniziato con il pretesto di testare le Gold Lion, le due nuovissime light feeder di casa Colmic, per fare questo avevo la necessità di trovare l’ambiente giusto dove poter misurare la febbre a delle canne dal cuore tenero, ma concepite per gestire pesci di taglia, anche con impianti di lenza minimali, proprio quello che ci vuole per avere la meglio con i grossi cavedani invernali.

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Per la verità, non è che mi sono scervellato più di tanto nella ricerca del campo di prova più adatto allo scopo; il Tevere di Umbertide e i suoi cavedani, tanto grossi, quanto smaliziati, sono apparsi subito come la scelta migliore per mettere seriamente sotto pressione le due nostre purosangue da feeder.

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Ecco quindi che, alle 6,30 di una fredda mattina pre-invernale, io e l’amico Stefano Pacciani, abbiamo girato il volante della macchina verso levante e dopo un’oretta di viaggio siamo giunti in quel d’Umbertide, entrambi smaniosi di provare le due nuove Gold Lion di 11 ft. (3.30 m.) e 12 ft. (3,60 m.), perfette per una pesca tecnica come quella del noto campo gara umbro, dove i pesci sanno leggere, scrivere e far di conto.

Una volta sul fiume abbiamo deciso di piazzare i nostri panieri sulla comoda massicciata della “Strettoia”, dove l’acqua non corre troppo e c’è un po’ più fondo, offrendo così uno spot consono alle attuali temperature, scese sensibilmente proprio in quest’ultimi giorni.

Siamo solo noi sul fiume, accolti da una leggera nebbia fredda e penetrante, capace però di rendere un po’ magico l’ambiente che ci circonda e ci avvolge nella pace quasi surreale del fiume in inverno.

Sia io che Stefano, prepariamo in fretta le nostre cose e nel mentre io mi appresto a montare la Gold Lion da 12 ft., Stefano, che stravede da sempre per le canne corte, cede subito alle lusinghe della 11 ft., sulla quale innesta il vettino da un’oncia, perché a suo dire, i pesci nobili di Umbertide, i signori del freddo, devono essere trattati con tutta la delicatezza e l’eleganza che si addice al loro rango.

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Terminati tutti i preliminari di rito, le nostre lenze volano poco oltre la metà del fiume; una rapida sequenza di tre o quattro scarichi, per creare un po’ di pascolo e subito dopo passare all’azione di pesca vera e propria, impostata su delle pause d’attesa di cinque minuti fra un lancio e l’altro, fino all’entrata in pastura dei pesci, per poi adeguare i ritmi all’attività di quest’ultimi.

Purtroppo però, contro ogni aspettativa, non c’è nessuna necessità di velocizzare il ritmo dei lanci, perché del pesce non se ne parla proprio. Che sia per colpa dei primi rigori del freddo, o per altra causa, sta di fatto che ormai è più di un’ora che le nostre esche sono in ammollo e l’unica cattura è stata una troterella presa da Stefano, come a testimoniare che l’improvviso abbassamento della temperatura si sta rivelando più stimolante per i salmonidi che non per i ciprinidi.

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Possiamo anche insistere, ma tutto lascia pensare che in questo tratto del Tevere oggi, non c’è trippa per gatti.

Dopo un breve consulto, decidiamo di levare le tende per spostarci più a valle, nella zona delle Schioppe, dove il Tevere è molto più largo e profondo rispetto al tratto della Strettoia e dove logica vuole che con i primi freddi, il pesce migri per svernare.

Nel frattempo il sole già alto ha stemperato il freddo del mattino e ci sta regalando una di quelle giornate in cui, pesce permettendo, si può assaporare il piacere della pesca a tutto tondo.

Ricominciamo tutto daccapo e una volta di nuovo pronti, lanciamo i nostri pasturatori a una venticinquina di metri da riva, in un fondo di circa cinque metri e con una corrente quasi inesistente.
Sia io che Stefano abbiamo una madre lenza montata con un semplice running rig scorrevole, irrigidito nel basso di lenza da una decina di centimetri di brillatura e come finale, siccome quello che ci interessa è mettere alla prova l’adeguatezza delle nuove canne, abbiamo deciso di utilizzare fin da subito 80 cm. di finale da 0,09 mm., sul quale abbiamo legato un amo senza ardiglione del n° 21, innescato con un solo bigattino bianco.
Come per miracolo la nuova zona da subito i suoi frutti e già dopo pochi lanci, i primi cavedani lottano per avere la meglio sui sottilissimi blank delle nostre Gold Lion, per niente impensierire dalla reazione decisa e combattiva di questi pesci.

L’azione progressiva e rotonda di queste canne salta subito agli occhi, ma quello che più colpisce nel maneggiare le Gold Lion è la chiara sensazione di essere i padroni del gioco e di poter governare alla grande le fughe disordinate di cavedani superiori al chilo, nonostante ami e finali sottodimensionati, scelti proprio per testare la risposta in pesca di questi gioiellini, progettati con criteri prettamente agonistici e sviluppati per gestire pesci importanti, con impianti di lenza minimali, per come sempre più di spesso richiedono le condizioni di pesca estreme dei nostri campi gara.

Sono ormai più di quattro ore che io e Stefano stiamo combattendo con un cavedano dietro l’altro…..e non ci sono per niente venuti a noia, anzi, ognuno di questi bestioni, pescati con finali Stream da 0,09 mm. e ami WB 400 del n° 21, è una nuova emozione; un combattimento tirato sul filo del rasoio il cui esito rimane incerto fino alla classica “boccata d’aria” che sancisce la resa incondizionata del pesce.

Sono pochi i luoghi dov’è ancora possibile gustare il piacere di queste sfide contro i “signori del freddo”; il Tevere a Umbertide è uno di questi, ma per avere la meglio sui nostri nobili avversari, non basta la maestria di saper giostrare bene il pesce, quello che serve oltre l’abilità, sono gli strumenti giusti e cioè delle canne che siano reattive e scattanti come delle vipere, ma allo stesso tempo docili e accondiscendenti con il pesce, così da evitare al massimo la criticità del fine corsa, soprattutto quando servono lenze capillari e per la verità, le Gold Lion si sono rivelate più che all’altezza del compito loro affidato……e il corredo fotografico di questo servizio ne è la più eloquente testimonianza.

P.S……Ogni attento osservatore, avrà notato che le foto in dotazione all’articolo sono state fatte in due momenti diversi, per l’esattezza in due giorni distinti, a distanza di una settimana, l’uno dall’altro.

Ci tengo però a precisare che non è stato fatto per “contar balle”, ma solo perché il primo giorno, non immaginando di prendere tutto quel pesce, non avevamo con noi le nasse e siccome ci dispiaceva non poter dimostrare l’effettivo bottino di giornata, abbiamo tentato di replicare la settimana successiva……e ci siamo riusciti.
Un saluto agli amici di Match Fishing da
Marcello Corbelli

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