PANE E PESCI

Tipica esca invernale, l’impiego del pane come innesco trova posto nella più classica delle metodologie alieutiche della canna da riva nostrana. Attingendo da esperienze tipicamente esterofile, vediamo di rivisitare in chiave più tecnica e moderna l’impiego dei classici ed intramontabili carboidrati.

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Era l’inizio degli anni novanta, allorquando dalle pagine di una delle più note riviste di pesca dulciaquicola, il super Mario nazionale mostrava con una certa soddisfazione i risultati di una classica battuta di pesca invernale.

Cavedani, pighi, savette ed altre specie tipiche dei fiumi nostrani facevano all’occasione bella mostra di se all’interno di una capiente nassa rigonfia e traboccante di pinne e di vita.

Viste le celebrate capacità piscatorie del maestro Molinari, fin qui niente di speciale direbbe qualcuno ed invece qualcosa di particolare in quelle foto dell’epoca c’era, qualcosa che in quel frangente colpì irrimediabilmente la mia attenzione.

Tra le pagine dell’articolo trovavano, infatti, posto alcune innovative soluzioni tecniche tipiche del più puro “coarse fishing” soprattutto per quanto riguardava la classica pesca con il pane.

Esca d’elezione anche nei confronti delle specie d’acqua dolce, in realtà, l’utilizzo dei carboidrati ha sempre contraddistinto la tradizione piscatoria d’Oltremanica al punto tale che per portare a guadino roaches ed altre prede tipiche dei brumosi canali inglesi gli angler anglosassoni avevano messo a punto una metodica davvero micidiale.

Tralasciando la stessa azione di pesca, punto cardine di questa piccola rivoluzione alieutica erano due fondamentali prerogative come la pasturazione e soprattutto l’innesco.

Dalle pagine patinate della rivista, infatti, si scoprivano fra le mani del maestro Molinari i cosiddetti bread punches, una varietà di stampini d’ottone attraverso i quali “punzonare” una semplice fetta di pane in cassetta tanto da trarne un innesco discoidale, pulito e… semplicemente perfetto.

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Ad attirare i pesci verso questo tecnologico boccone si aggiungeva, inoltre, una ingegnosa metodologia di brumeggio la cui azione, precisa e soprattutto ben mirata, era in grado di sortire effetti sino allora quasi insperati.

Di fronte a tanta grazia, sulla scorta di anglofone terminologie quali “liquidised bread” e “bread punches”, quasi immediata fu l’osmosi con la pesca in acque salse con risultati che all’epoca mi parvero subito più che lusinghieri.

Da allora, ovviamente, un bel po’ di tempo è passato e sopratutto un bel po’ di pesci sono stati portati felicemente a guadino, motivo per cui a favore dei neofiti o per chi volesse provare derive metodologiche diverse, diamo un’occhiata più da vicino a questi avvincenti “British approaches”

Prede ed impieghi
Volendo focalizzare meglio l’attenzione sulle prerogative, sull’utilizzo e sulle specifiche capacità catturanti Di questa pesca English style, inizieremo con il dire che tale tecnica potrà essere impiegata presso tutti gli ambienti tipici della pesca in mare.

Scogliere naturali, artificiali, massicciate e finanche l’interno delle darsene portuali saranno, difatti, il luogo ideale dove rintracciare le tipiche specie “da carboidrati” come possono essere i mugilidi e gli sparidi.

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Da insidiare a bolognese, con la canna fissa o con la tecnica del feeder infatti cefali, salpe e saraghi raramente riusciranno a resistere ad un tappeto di soffice e bianchissimo pane che, come un’oasi felice, si ben distingue tra le tipiche articolazioni del fondo.

Parimenti inneschi dalla dimensione finanche millimetrica saranno in grado di guarnire senza eccessive sbavature ami dal 14 al 22 consentendo una precisione di pesca assoluta ed uno strike ratio senza precedenti.

Se tutto questo non basta, un’altra delle prerogative fondamentali della pesca con i bread punches è data dalla proposizione di bocconi dalla eccezionale consistenza meccanica con i quali adoperarsi in lanci a tutta birra e passate più lunghe anche in presenza della solita minutaglia disturbatrice.

“Pane frullato”
Altisonante nella meno conosciuta accezione anglosassone, il liquidised bread altro non è che semplice “pane frullato” come letteralmente tradotto in italiano.

Rompendo buona parte dei canoni cui siamo abituati in realtà la metodica di preparazione di questo formidabile strumento di pasturazione prevede l’impiego di componenti alimentari e di metodiche assolutamente semplici ed alla portata di tutti.

Diversamente da quanto fatto con il classico pane ammollato, il liquidised bread si traduce in una sorta di micronizzazione “a secco” dei carboidrati che costituiranno il brumeggio.

Effettuata senza l’impiego di liquidi o emulsionanti di sorta, tale particolare caratteristica consentirà di ottenere un morbidissimo sfarinato composto da micro particelle di pane in grado, una volta inumidite e compresse, di arrivare sul fondo in maniera veloce ed assolutamente compatta.

Fasi di preparazione
Seguendo la tradizione d’oltremanica, la base di partenza per il liquidised bread è il classico pane in cassetta, preferibilmente del tipo “american sandwich” più bianco e ricco di amidi rispetto alla concorrenza, rintracciabile su tutti i banconi dei supermercati.

Una volta acquisito il prodotto, per ottenere un “pane frullato” efficace andrà eliminata la crosta, tagliate in grossi pezzi le fette e successivamente inserite all’interno di un comunissimo robot da cucina o frullatore del caso.

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A questo punto utilizzando il programma più gentile o la velocità meno aggressiva, sottoporremo il nostro pane in cassetta ad un paio di minuti di “trattamento” fino ad ottenere una sorta di soffice e bianchissima mollica dall’odore e dalla consistenza eccezionali.

Per non lasciare niente al caso, prima di utilizzare il liquidised bread, potremo lasciare che un setaccio a maglia media separi i pezzi più grossolani in modo da ottenere uno sfarinato composto da particelle finissime in grado di eccitare i pesci senza sfamarne più di tanto l’appetito.

Per trattenere l’umidità residua, una volta micronizzato a nostro piacimento il composto andrà conservato in una bustina di plastica del tipo impiegato per il congelare gli alimenti in modo da trattenerne l’umidità residua ed evitare di trasformare il tutto in secca mollica.

Una volta in pesca, con il pane frullato leggermente addizionato ad acqua o aromi risulterà semplicissimo preparare delle palline della consistenza desiderata in grado di affondare velocemente e di sciogliersi, finanche dopo 15-20 minuti, una volta sul fondo.

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Diverse consistenze
Anima di questa piccola rivoluzione alieutica, l’impiego dei bread punches non può prescindere dalla preparazione preventiva dello stesso pane da innesco.

In questo caso una volta recuperato il classico pane in cassetta, si inizierà con il preparare le fette differenziandole in termini di consistenza in modo da venire incontro alle diverse esigenze di pesca.

In questo caso la preparazione standard prevede di solito l’eliminazione iniziale della crosta seguita da una energica passata di mattarello fino ad ottenere una “slices” sottile e mediamente gommosa in grado di reggere egregiamente sull’amo.

Partendo da questo principio, potremo realizzarne sia una versione leggermente più hard da impiegare nei momenti di frenesia alimentare o in presenza di minutaglia ed una più soffice per pesci diffidenti o condizioni difficili.

Nel primo caso per ottenere bocconi più resistenti sarà sufficiente, preventivamente alla spianata con il mattarello, porre la fetta di pane nel microonde per circa una decina di secondi in modo da asciugarne leggermente l’umidità.

Nel secondo caso basterà punzonare il pane in cassetta in purezza ossia senza alterarne in alcun modo lo stato e le caratteristiche inziali.

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Attenti ….all’aria
Utilizzando il pane in cassetta, uno degli accorgimenti fondamentali sarà quello di proteggere le fette appositamente preparate dall’esposizione continua all’aria aperta.

Per mantenere il giusto grado di umidità ed evitare di fare seccare gli inneschi, infatti, sarà opportuno porre i pezzi di pane all’interno di una bustina di plastica o meglio ancora di un paio di giri di pellicola da cucina in modo da sigillarne le peculiarità fisiche ed organolettiche per tutta la durata della pescata.

Allo stesso modo, per avere sempre bocconi morbidi ed appetibili sarà da sconsigliare la preparazione di “dischetti” già pronti a favore di punzonature continue da effettuare direttamente sulla fetta “imbustata”.

 

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Conservare il liquidised bread
Fermo restando che sarebbe buona norma preparare il pane da brumeggio al massimo la sera prima della battuta di pesca, può accadere che per opportunità diverse avremo l’esigenza di conservare il pane da pasturazione per più di qualche ora.

Per evitare di ritrovarci fra le mani una inservibile e scomposta poltiglia o una sorta di indurita mollica di pane, uno dei metodi migliori per la conservazione dei carboidrati consiste nel congelare il pane micronizzato sottovuoto.

Posto all’interno delle apposite buste, infatti, una volta tolta l’aria e sottoposto all’azione preservatrice delle basse temperature, il prodotto una volta manterrà intatte tutte le prerogative fisiche ed organolettiche possedute per un lasso di tempo ben più lungo di quanto si creda.

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