GIANCARLO MAZZONI: UNA VITA PER LA PESCA

UNA VITA PER LA PESCA

Giancarlo Mazzoni un grande personaggio cesenate che ha scritto pagine importanti per la pesca sportiva nella nostra provincia.
Insieme a lui cercheremo di approfondire le conoscenze di questo mondo, di questo sport, di questa passione.

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MAZZONI GIANCARLO “IL BAFFO DI ROMAGNA” CI SVELA COM’ERA LA PESCA UNA VOLTA.




MFI: Giancarlo Mazzoni ci fai una scheda personale?

Ho cominciato a gareggiare nel 1965 a livello provinciale e poi a quello nazionale ma la pesca in me è nata all’età di 7 anni.
Sono partito con canne rudimentali auto costruite dopo di che tutto quello che concerne la pesca si è sviluppato in modo molto esponenziale sino ai giorni d’oggi dove la tecnica è arrivata a dei livelli incredibili.

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MAZZONI GIANCARLO A PESCA NEL 1963





M.F.I.: Nel 1965 quanti anni avevi?
Avevo 20 anni ed ero già grandino se pensiamo che adesso si comincia a gareggiare all’età di 8 anni.

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UNA DELLE PRIME LICENZE DA PESCA DI MAZZONI





M.F.I.: Hai iniziato a pescare all’età di 7/8 anni perché tu abitavi vicino ad un fiume o perchè avevi qualcuno che ti accompagnava?
Si in effetti io abitavo sulla riva del fiume Savio, come tutt’ora, e quindi la passione della pesca è nata subito a quell’età utilizzando attrezzi rudimentali fatti in casa artigianalmente e la passione è cresciuta di giorno in giorno e mi accompagna tutt’ora sempre come allora.

M.F.I.: Quindi si andava nel periodo estivo nelle buche del Savio, le tecniche e le attrezzature com’erano, perché ci piacerebbe capire come era il mondo di allora…
avevamo le classiche canne di bambù che ci fabbricavamo da ragazzini, anziché i mulinelli avevamo un filo di ferro con il quale ci creavamo un raccogli filo e con quello riuscivamo a pescare, come galleggianti avevamo le penne d’istrice che trovavamo in giro nelle campagne oppure i classici tappi di sughero di bottiglia un pò lavorati. A quegli anni non c’erano molte disponibilità economiche e non c’era neanche una gran produzione di attrezzatura da pesca.

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MAZZONI GIANCARLO NEL 1969 CON UN TROFEO VINTO IN UNA GARA DI PESCA





M.F.I.: Quindi usavate attrezzi rudimentali e gli ami e i fili dove li trovavate?
R: a Cesena c’era qualche negozio che adesso non c’è più dove riuscivo a trovare il minimo necessario. Il filo lo vendevano a metri raccolto in un pezzo di carta e gli ami si compravamo a numero. Come per le sigarette quando si compravano a numero e non a pacchetto.


MAZZONI RICEVE UN PREMIO VINTO A PESCARE NEL 1970




M.F.I.: Uno di questi era in via Chiaramonti se non ricordo male…
si era il negozio di Benito in via Chiaramonti ed era anche uno dei nostri punti di ritrovo e li andavamo a comperare quel pò che ci serviva utilizzando i risparmi che facevamo da ragazzini.
I fili li usavamo fino all’usura estrema perché non avevamo tante possibilità però le soddisfazioni le avevamo lo stesso.

All’inizio dell’immediato dopo guerra il Savio era un fiume pieno di pesci e come si sa i pesci creano i pescatori quali erano le tecniche al di là delle canne di bambù, come vi atteggiavate con la pesca amatoriale?
Beh ….noi praticamente oltre all’attrezzatura fatiscente cercavamo le esche per pescare perché allora i bigattini non si trovavano e non li avevamo. I bigattini vennero fuori dopo e l’unico posto dove si potevano comprare era a Forlimpopoli dove andavo da Cesena in bicicletta per comprarli. Li c’era uno che li produceva e li vendeva. Diversamente eravamo costretti ad andare alla ricerca dei classici insetti vari o dei lombrichi di terra. Con quelli pescavano tutti compreso i più anziani che io vedevo pescare lungo il Savio con attrezzature che a noi ragazzini ci venivano le lacrime agli occhi perché non potevamo permettercele


MAZZONI IN GARA AD OSTELLATO NEI PRIMI ANNI 80 CON BASTIANACCI CHE LO RIPRENDE CON LA TELECAMERA


M.F.I.: E voi frequentavate le buche del fiume ma che pesci c’erano in quegli anni? In quegli anni si pescavano barbi, carpe, tinche, anguille, lasche e qualche vairone ma alcuni anni dopo, negli anni 53, 54, vennero immessi i cavedani e da li è iniziata la pesca sportiva vera e propria.
Con l’immissione dei cavedani, che si sono riprodotti molto bene, in quegli anni ci siamo divertiti tanto d’altra parte il barbo era un pesce un pò difficile e noi non eravamo pronti a certe pesche mentre con il cavedano era facile perché è un pesce che ha sempre fame ed era il nostro divertimento.

M.F.I.: Il pesce finiva anche in padella?
Alla grande che finiva anche in padella, d’altra parte le acque erano sempre pulite e azzurre anche nel tratto del Savio che scorre dentro Cesena e l’unico scarico che c’era era quello della foce del Cesuola. Ricordo che le donne venivano al fiume a lavare i panni con le panche di legno, c’erano tante sorgentine che sbucavano ai lati del fiume con acqua fresca e limpida che si poteva bere sul posto. Ecco quello era tutto un altro mondo … adesso non è neanche pensabile un mondo così e poi i residenti lungo il Savio tenevano pulito l’argine dai rovi e dalle erbacce tanto che si poteva camminare senza problemi da Cesena fino alla chiusa di Molino Cento mentre adesso non si passa neanche per sogno. La gente è diventata più menefreghista, se il lavoro non glielo fa il Comune loro non muovono un dito. E poi abbiamo dovuto assistere al periodo degli inquinamenti. Nella vallata del Savio c’erano tante porcilaie e ogni volta che arrivava una piena scaricavano i liquami dentro al fiume facendo morire quintali di pesci. Ci sono voluti anni per cambiare qualcosa ma è stata dura e nonostante tutto ancora oggi qualche furbo c’è ancora.


MAZZONI NEL 1997 SU UN CAMPO GARA DI UN MONDIALE



M.F.I.: Erano molti i pescatori in quegli anni?
C’erano molti anziani che il pesce che pescavano lo portavano a casa da mangiare perché in quegli anni la miseria era ancora molto forte e la gente viveva anche mangiando un bel pesce di fiume. Poi si saltava completamente una generazione, dagli anziani si passava ai ragazzini. Praticamente si è persa una generazione che secondo me è stata quella legata agli anni del boom economico degli anni 60. Tutti erano presi dal gran lavoro e la gente non aveva tempo per andare a pescare quindi a pescare ci andavano i vecchi e i ragazzini perché era considerato un passatempo. I grandi dai 15 ai 50 anni dovevano lavorare e basta. Almeno qui nel nostro comprensorio

M.F.I.: Quindi in quegli anni si praticava solo la pesca amatoriale o si facevano anche delle gare di pesca?
Solo negli anni 60 si sentiva parlare di competizioni a livello provinciale, poi si allargò l’orizzonte con gare anche di carattere nazionale. Per quello che mi riguarda ho cominciato da solo a girare e vedere queste competizioni per imparare. Pensa che sono andato alcune volte anche a Peschiera sul Mincio con la Fiat 500 per osservare a pescare un certo Adriano Fumagalli che allora era già un signor pescatore. Mi iscrivevo alle competizioni come individuale perché ancora non avevo alcuna società.


MAZZONI IN GARA NEL MINCIO A PESCHIERA





M.F.I.: Non esistevano società di pesca però si facevano gare. Quindi diciamo che tu sei uno dei pionieri dell’agonismo nella nostra città e nella nostra provincia
Insieme ad altri soci il 10 ottobre del 1968 abbiamo fondato la Società di pesca Valle Savio che esiste ancora oggi, ci siamo affiliati al Coni e alla FIPS e abbiamo praticato tutta l’attività di pesca che veniva svolta a livello provinciale, regionale e nazionale.

M.F.I.: Mi risulta che in questi anni ci siano state fughe anche oltre i confini nazionali..

Si perché andando avanti con gli anni l’orizzonte si è allargato ed è stato naturale guardare sempre più in alto d’altra parte l’ambizione di vincere in questo sport ti porta sempre a guardare in alto.

M.F.I.: Le società di pesca sportiva più antiche nella nostra provincia quali sono?
La SPAD di Forlì, che ha svolto anche molta attività di mare, dovrebbe essere la società più vecchia della provincia, poi c’era la Pesca Sport di Forlì che ha partecipato a campionati di eccellenza negli anni 70 e se non vado errato i Cannisti Forlimpopoli. Poi sono nate altre Società di pesca come la Valle Savio e altre ancora. Negli anni 80 in ogni paese c’era una società di pesca e questa era la forza della popolarità di questo sport. Adesso molte hanno chiuso i battenti perché poi c’è da dire che in una società ci sono sempre stati quelli che lavorano e quelli che mangiano la minestra già cotta. E così quando vengono a meno quelli che lavorano le società si dissolvono.

M.F.I.: Ma quanti eravate il 10 ottobre 1968 a fondare la Valle Savio?
Eravamo 16 persone e me li ricordo ancora tutti anche se dopo un paio d’anni siamo arrivati a 90 soci di cui l’80% tutti agonisti.

M.F.I.: Quindi tutti agonisti legati in prevalenza al fiume?
Si prima andavamo a fare gare solo nel fiume poi abbiamo iniziato anche con le gare in canale e così anche i garisti si specializzavano chi faceva solo gare in fiume e chi invece solo nel canale

M.F.I.: Parli dei canali ma quali erano quelli dove si facevano le gare?
Parlo dei canali del ravennate e del ferrarese ma si andava anche nel Veneto, in Lombardia o in Toscana nell’Arno.

M.F.I.: Il pesce che si catturava nelle gare che fine faceva?

Nelle gare fino alla fine degli anni 70 il pesce veniva conservato dentro dei sacchetti di plastica e nei raduni veniva pesato. In ogni caso il pesce che poi veniva regalato ad Istituti o altrimenti veniva dato a chi lo trasformava in farine o sepolto in fosse e dovevamo preoccuparci anche di queste incombenze.
Poi dalla fine degli anni 80 si è passati alla conservazione del pesce vivo dentro delle nasse di rete, sperimentato per la prima volta guarda caso proprio nelle gare nella provincia di Forlì, con pesatura sul campo di gara e poi rilasciato vivo in acqua. Questa fu una iniziativa dei pescatori forlivesi che poi è stata adottata in tutta Europa. Pensa che in gare molto numerose si distruggevano quintali di pesce mentre adesso la moria non arriva mai neanche ad un chilo di pesce in una gara di 250concorrenti.

M.F.I.: Quindi una rivoluzione nella pesca.
Si Forlì è stata all’avanguardia in tante cose nella pesca per esempio la nassa doveva avere almeno 4 cerchi per consentire al pesce di muoversi dentro la nassa senza essere sacrificato.

M.F.I.: Ma quali sono stati i nomi più importanti che hanno contraddistinto l’agonismo nella nostra provincia?
Si alcuni personaggi hanno avuto una ribalta nazionale importante come Ragonesi Vittorio, M.F.I. Galletti Roberto, Rocchi Tino, poi da fuori provincia sono venuti Tazzari, Marri, Baioni, Botti padre e figlio entrambi nazionali, Trabucco, poi dobbiamo ricordare Monti Giancarlo che ha partecipato anche al Campionato del mondo nel 1980 a Mannheim (Germania Federale).


GIANCARLO MAZZONI IN PESCA NEL CANALE DESTRA RENO




Negli anni 70 un nome su tutti, che poi è diventata una leggenda della pesca agonistica italiana che ha iniziato a pescare proprio nella nostra provincia, un certo Roberto Trabucco.
Roberto Trabucco era un ragazzino che ancora doveva fare il militare. Venne nella Pesca Sport Forlì con un discorso. Lui, nonostante la giovane età, era un esperto di pesca nel Mincio, era il miglior catturatore di barbi nel Mincio ed era una pesca per noi romagnoli un pò difficile in quanto la tecnica era diversa dalle altre. Trabucco venne a pescare in provincia di Forlì per imparare a fare bene l’alborella, pesca che la Pesca Sport Forlì, insieme alla Valle Savio Cesena, praticavano alla grande ed erano i numeri uno a livello nazionale. Trabucco faceva il militare a Firenze perciò era in strada con Forlì. Mi ricordo di avere partecipato ad un provinciale con Trabucco, eravamo spalla a spalla sul campo di gara di Pozzolo e combattemmo alla pari fino alla fine della gara. Queste sono cose che rimangono indelebili nell’album personale dei ricordi. Lui in quegli anni era già in nazionale e partecipava ai campionati del mondo e pescare vicino a lui erano belle soddisfazioni per noi che avevamo già qualche anno in più di lui. Loro erano gli eroi della pesca … dei miti.

Quindi Trabucco venne a Forlì per imparare a fare bene la pesca dell’alborella perché in quegli anni la pesca dell’alborella era l’agonismo?
Si la pesca dell’alborella era il 90% della pesca agonistica. Una tecnica quella con i cannini corti che occorreva fare molto bene e in alcune gare si superavano addirittura i mille pesci in tre ore. Per farla bene occorrevano molte ore di allenamento perché la pesca dell’alborella non è una cosa che si improvvisa. Questa non è una pesca dove si spera che ad abboccare sia un pesce più grosso dell’altro li o sei pronto o non arriverai mai sul podio. In più andava fatta una meticolosa scelta delle esche e delle pasture e tutto diventava determinante. Questa pesca deve essere curata nei minimi particolari perché altrimenti non puoi assolutamente emergere.

Nulla al caso quindi, parlami delle pasture, la storia che c’è dietro
Io avevo realizzato, dopo anni di prove e sperimentazioni spendendo anche tanti soldi, una pastura che alla fine era la migliore. Certi pescatori in giro per l’Italia si ricordano ancora oggi della mia pastura. Ho avuto la soddisfazione che la nazionale italiana ai mondiali in Portogallo ordinò la mia pastura per pescare ai mondiali perciò era riconosciuta a tutti i livelli. Era una pastura fantastica perché se ne usava meno di quella commerciale e rendeva molto nell’ultima ora di pesca.


UNA BELLA PESCATA DURANTE UN ALLENAMENTO IN PORTOGALLO CON LA NAZIONALE DI SAN MARINO




Ci puoi svelare adesso a distanza di tanti anni gli ingredienti segreti di questa pastura?
La formula è ancora a casa in cassaforte. Posso dirti che cambiavo solo alcuni componenti da 16 era estate o 18 se era inverno. La base era fatta da 6 componenti bilanciati che garantivano le proteine giuste e per fare 10 chili pastura mi ci voleva una settimana di tempo, due ore tutte le sere.

Quindi una vita dedicata alla pesca e alle pasture
Ho fatto anche pasture per la pesca di altri pesci come il carassio che sono andate molto bene, ad Ostellato la mia pastura non aveva rivali e ancora oggi posso dire che è meglio una pastura artigianale fatta con prodotti freschi rispetto ad una commerciale. La differenza tra una pastura standard ed una artigianale sta nel fatto che un pescatore che usa pastura artigianale cattura pesce per tre di gara mentre all’altro dopo un pò il pesce gli smette di abboccare. Ecco la differenza tu prendi 100 pesci e lui ne prende 10.

Ma l’agonismo all’inizio degli anni 60 come era strutturato?
C’erano già i campionati a squadre nel canale, nel fiume, ed erano molto numerose con picchi fino a 300 persone. Il Savio veniva occupato tutto da Cesena fino oltre a Sarsina.

C’erano altre gare caratteristiche che oggi non si fanno più?
Si andavamo nel lago di Fiabilandia, poi nei laghi della Cina lungo il Marecchia, li c’era tanto pesce e li trovavamo acque molto buone.

Poi si facevano anche gare di pesca che si chiamavano rally di pesca?
Si i primi rally di pesca cominciarono negli anni 70, si faceva il raduno in un bar e ogni società aveva sei ore di tempo a disposizione durante le quali una squadra doveva pescare massimo tre ore e avere il tempo anche per il viaggio in auto. Ogni società era fatta da tre pescatori con un commissario di un’altra squadra che controllava che tutto fosse fatto in regola. Con l’auto si poteva spaziare in tutto il territorio anche extra provinciale.


MAZZONI E UN ALTRO TROFEO VINTO




Quindi si poteva andare dove si voleva
Ricordo che qualcuno da Rimini andò anche a pescare nei laghi di Mantova con delle multe che prendevano per l’alta velocità. Se una squadra si beccava una multa questa comportava la squalifica perché il commissario che era in auto annotava tutto. Infatti il regolamento prevedeva il rispetto dei tempi di pesca ma anche quelli della velocità.
La gara poi funzionava come a tempo reale di pesca ovvero se un concorrente subiva una rottura il commissario fermava il cronometro. Il commissario non pescava ma controllava tutto.
Anche quelle erano belle manifestazioni e in paese dove si facevano i raduni era sempre una festa perché tutti portavano i sacchetti del pesce e la gente incuriosita partecipava e alla fine qualcuno guadagnava anche il pesce per la cena.

Ma cosa succedeva nelle sedi delle società di pesca?

La società era abitualmente il luogo di ritrovo dove scambiare le impressioni sulla gara fatta la domenica prima e si preparava la gara della domenica successiva. C’era un bel clima e tutti andavano d’accordo.
Addirittura ci costruivamo tutto da soli. Chi faceva le pasture, ma c’era anche chi costruiva galleggianti da pesca stupendi. C’era un certo Mazzotti Roberto che oggi abita a Gambettola, che ha creato galleggianti che hanno trovato l’apprezzamento anche fuori provincia. Mazzotti era un maniaco della perfezione. In molti ci hanno provato ma come li faceva lui non li ha fatti nessun altro. Si costruiva un piccolo tornio artigianale realizzato con un motore di lavatrice. Compravamo il legno di balsa nei negozi che lo trattavano e addirittura andavamo a raccogliere nei boschi il midollo dell’albero di sambuco con il quale si facevano ottimi galleggianti. Dedicavamo molto tempo per la pesca e posso dire che personalmente dopo 8 ore di lavoro ne trascorrevo altre otto al giorno per la pesca spesso e volentieri trascurando anche la famiglia. Ma lo spirito era diverso da oggi. Oggi uno trova tutto fatto mentre allora dovevamo farci tutto da soli.

Uno sport che richiedeva anche di essere artisti visto che ognuno si doveva costruire tutto
Le migliorie che potevano essere inventate e applicate al mondo della pesca sono nate tutte nella nostra provincia.


MAZZONI A PESCA NEL 1965 CON LA CANTANTE KRIS LEY SUL SAVIO A PONTE VECCHIO




Le tecniche che oggi non si usano più?
Basti pensare alla tecnica del ledgering (pesca a fondo con il piombo) quando non era vietata nel campionato di eccellenza noi forlivesi vincevamo spesso. Avevamo messo a punto degli accorgimenti che nessun’altro utilizzava e così poco dopo decisero di abolire quel tipo di tecnica.
Nella pesca a bolognese subito dopo avevamo dei veri maestri che hanno dominato tutte le gare per alcuni anni Sama Massimo e Sintucci Loris per esempio sono stati capaci di portare una società di Cesena, la Lenza Club Cesena che adesso non c’è più, ai vertici dell’agonismo nazionale. Ecco nella pesca a bolognese questi due garisti erano i numeri uno e noi cercavamo di emularli ma contro di loro non c’era mai speranza.

Dopo Ragonesi Vittorio che ha rappresentato molto per l’agonismo della nostra provincia, capace di vincere il titolo di Campione d’Italia nel 1974 dopo di lui nessun’altro si è messo in luce a certi livelli, poi sono venuti fuori i bolognese e i modenesi
Si è cambiata la pesca e sono venute fuori altre tecniche. Per esempio il bolognese Dino Bassi è stato l’agonista che ha vinto per ben due volte il titolo di campione d’Italia e di campione del mondo individuale ed è stato colui che ha gestito il passaggio della pesca all’alborella a quella del carassio. Se nella pesca all’alborella la scuola forlivese è stata la più forte in Italia per alcuni anni con l’avvento dei carassi si è formata una scuola bolognese e ferrarese che domina tutt’ora. Ma c’è una ragione. Nelle pianure bolognesi e ferraresi scorrono tanti canali di bonifica pieni di carassi ed è naturale che chi vi pesca 365 giorni all’anno possa avere quegli elementi tecnici che altri non hanno.
Purtroppo nella nostra provincia non ci sono corsi d’acqua per fare certi tipi di pesca e quindi per noi è stata sempre dura emergere a livello nazionale perché le gare si facevano nel Mincio a Peschiera, a Pozzolo, nell’Adda a Bergamo e così hanno prevalso a livello nazionale le scuole legate ai grandi fiumi del nord Italia Mincio, Adda, Po etc. tanto che per diversi anni hanno dominato la scena nazionale i pescatori lombardi e veneti oltre alla scuola emiliana. Poi dopo gli anni 80 con l’inserimento dell’Arno fiorentino nel circuito delle gare nazionali sono emersi anche i fiorentini con Casini, Casaglia, Collini, Falsini che si è laureato tra l’altro acne campione del mondo nel 2000 proprio a Firenze.
Poi è arrivato anche il fiume Tevere ad Umbertide e così sono emerse in qualche occasione anche altre scuole come quella umbra e laziale.
Certe pesche, perché ti entrino nel sangue, occorre praticarle fin da bambini. Basti pensare che nella pesca in fiume i forlivesi sono i migliori d’Italia. Da Alcuni anni, da quando è stato istituito il campionato italiano di pesca in fiume, il campione italiano è sempre stato un pescatore della nostra provincia (Paganelli, Pellacani, Burnazzi).
Ecco questa è la prova che senza acqua da pesca vicino a casa nessuno potrà mai diventare un grande agonista.
D’altra parte non è possibile fare centinaia di chilometri per andare a pescare, per noi le distanze sono un grosso scoglio. Quando c’è una gara importante andiamo a provare il campo di gara ma in ogni caso non riusciamo ad essere competitivi con chi quel determinato canale o fiume lo conosce come le sue tasche.
Nonostante tutto la nostra provincia ha sempre espresso dei pescatori capaci di entrare nel giro del Club Azzurro e questo vuol dire che la nostra voglia di arrivare, nonostante le difficoltà sopra dette, ha permesso di dire la nostra anche in campi di gara tecnici a noi poco consoni.
Ricordo Manuzzi Paolo e Donati Franco, personaggi di Cesena che quando pescavano di brutto sono riusciti a fare gli sfidini per entrare in nazionale. Deve essere chiaro che gli sfidini venivano fatti dai migliori dieci pescatori d’Italia di pesca al colpo. Dopo di loro non c’è stato nessun altro a certi livelli.


LA CLASSIFICA DI ALCUNI SETTORI DI UNA GARA PROVINCIALE





La pesca ti ha portato anche ad allargare i tuoi orizzonti fino a calcare palcoscenici internazionali, raccontaci qualcosa al riguardo…
Tramite Germano De Biasi, che è stato il primo agonista della Repubblica di San Marino a salire su un podio ad un campionato del mondo di pesca al colpo in Polonia dove arrivò terzo, iniziai una collaborazione con la nazionale di San Marino che dura tutt’oggi. De Biasi era seguito in Polonia da Roberto Galletti della Pesca Sport Forlì. L’anno successivo mi è stato chiesto di dare una mano agli agonisti dell’Amo d’Oro di San Marino, dove militava De Biasi, per insegnargli alcune tecniche di pesca in previsione del campionato del mondo e così questo rapporto è iniziato e non si è mai più interrotto. Ho iniziato con la nazionale di San Marino ai mondiali di Strasburgo nel 1986 per finire all’ultimo mondiale fatto questa estate a Cremona dove, come tutti sanno, la nazionale della Repubblica del Titano è arrivata seconda. Si può dire che per seguire i campionati del mondo per Club e per Nazioni, sempre con i ragazzi di San Marino, ho girato tutta l’Europa.
Certamente nell’ultimo mondiale hai dato un bel contributo e oggi ti puoi fregiarti del titolo di Vice Campione del Mondo… raccontaci un pò, da addetto ai lavori, come sono andate le cose..

Quella è stata una bella esperienza a coronamento di una vita passata tra canne, bigattini e pesci.
Ai mondiali di Cremona il capitano effettivo doveva essere Oscar Grandoni che però ha dovuto pescare, così il capitano è diventato Ercole Bologna supportato da Romano Pasquinelli e dal sottoscritto. Ci ritrovavamo alla sera in albergo a parlare del cosa fare mettendo in comunione le idee e le impressioni. Così abbiamo valutato che una determinata pesca rendeva bene in termini di catture così abbiamo curato bene quella tecnica e alla fine il risultato si è visto.
Certamente la pesca vincente l’abbiamo provata diversi giorni prima del campionato del mondo e abbiamo dovuto solo affinarla.


MAZZONI CON LA SQUADRA DEL LENZA CLUB CESENA




Ma adesso a mondiale finito ci puoi dire il segreto di quel successo che vi ha visti battere l’Italia sul suo campo di gara?
Certo abbiamo visto che il pesce dopo un pò che lo si pescava tendeva a spostarsi verso il centro del canale e così noi abbiamo pensato di allungare la lenza e di stare ben appoggiati sul fondo visto che in prevalenza mangiavano carpe che come si sa è un pesce che grufola sul fondo. Nell’ultima ora di pesca questa soluzione è stata determinante. Mentre ad altri le catture iniziavano a scarseggiare per noi continuavano facendoci scalare molte posizioni nella classifica del settore. Oggi posso dire che con un pizzico di fortuna ci poteva scappare anche l’oro individuale senza nulla togliere a quel mostro sacro di Will Raison che è il campione del mondo 2008. Nonostante tutto abbiamo dato filo da torcere ai professionisti inglesi e ai campioni del mondo in carica gli italiani.
Pensa che Selva Massimo se non perde una grossa carpa davanti al guadino diventa campione del mondo individuale.

Qual è la realtà dell’agonismo nella Repubblica di San Marino?
La realtà dell’agonismo nella Repubblica di San Marino è fatta da una cinquantina di persone. San Marino è una nazione con 30.000 abitanti e gli iscritti alla Federazione sono solo alcune centinaia mentre nelle altre nazioni i numeri sono ben diversi.
Ecco per noi arrivare alla medaglia d’argento è stato come vincere il mondiale.
La Federazione di San Marino si è distinta quest’anno anche nella categoria giovani dove in Belgio, la nazionale under 22, è riuscita a vincere la medaglia d’argento. Questa è la dimostrazione che la Federazione Pesca di San Marino, guidata da Graziano Muraccini, si è mossa bene e sta raccogliendo i meritati successi. Anche nella pesca in mare le cose vanno abbastanza bene.
I San Marinesi, occorre dire che, per raggiungere certi risultati devono fare grossi sacrifici. Loro non hanno acque per pescare, e solo la grande passione li spinge a fare migliaia di chilometri ogni anno che gli consentono di raggiungere certi risultati. La cosa bella ripeto è anche il vivaio che sta crescendo molto bene. Giovani guidati da un altro campione italiano di Bologna di nome Alberto Neri.

I giovani e la pesca oggi…cosa c’è che non funziona?
La pesca è uno sport che richiede sacrifici e disponibilità economiche non indifferenti. I giovani i sacrifici non sono disposti più a farli. Non è come quando eravamo giovani noi che non avevamo niente e l’unico divertimento era la pesca perché non ci costava nulla. Passavamo ore ed ore al fiume a pescare e altrettante ore a crearci attrezzature per la pesca con grande spirito creativo. Adesso invece il pescatore si trova tutto pronto dalle esche alle attrezzature. Deve solo andare a pescare.
Ma vedo che nei giovani di oggi manca quella grinta che invece avevamo noi. Io ancora oggi vado a pescare sia che nevichi o che ci sia la pioggia non mi fermo davanti a niente. Altri invece se piove non vanno perché si bagnano, se nevica è freddo, se tira vento è difficile tenere la canna in mano insomma sono abituati alle comodità e questo non aiuta a praticare uno sport che richiede levatacce all’alba e capacità nel gestire situazioni estreme a stretto contatto con la natura.
Io ho fatto da chioccia a diversi giovani nel corso della mia vita ma vedo sempre meno giovani con la luce negli occhi per la pesca sportiva.


MAZZONI INTENTO AD OSSERVARE IL SUO SAVIO CHE LO HA VISTO CRESCERE



Da sport popolare la pesca è diventata uno sport d’elite. Come fa un giovane oggi a entrare nel mondo dell’agonismo quando per iniziare solo di attrezzature gli si chiede un investimento di alcune migliaia di euro?
Eh si, infatti questo è un problema. Una volta avevamo tre canne da poche migliaia di lire e quando andavamo via in auto eravamo in quattro per auto mentre adesso ci vuole una station vagon solo per un pescatore perché deve caricare il paniere, tutte le canne possibili, le bacinelle per impastare la pastura, il borsone e così via… Le attrezzature oggi hanno raggiunto dei costi paurosi. Basti pensare che una roubaisienne arriva a costare anche 3-4 mila euro e a quelle condizioni i giovani stanno alla larga. La vedo dura per il futuro della pesca con queste condizioni.


IN BULGARIA NEL 1989 CON LA NAZIONALE DI SAN MARINO



Hai fatto anche scuola di pesca a giovani?
Si quando ero nella Valle Savio di Cesena avevo qualche decina di bambini ai quali insegnavo tutte le regole e le tecniche di pesca e poi la domenica con i genitori andavamo sul fiume a pescare.

Episodi strani capitati nella tua lunga vita in giro per il mondo?
Il massimo è stato in un mondiale in Belgio, mentre i giudici pesavano il pesce dei concorrenti alla fine della gara, un concorrente tedesco non si era accorto che aveva la nassa aperta sul fondo ed aveva perso tutto il pesce che gli consentiva di arrivare nelle prime posizioni. Ho visto anche tante scorrettezze da parte dei campioni e questo non è bello e parlo in campo mondiale. A Parigi e a Maribor qualcuno ha vinto il mondiale con il piombo superiore alla portata del galleggiante. Quindi era come se pescassero a fondo. Quando è stato fatto reclamo questi pescatori hanno strappato il filo e nessuno ha potuto così dire niente.
Ad un componente di San Marino, Angelini, gli è stata squalificata una breme da 1,5 chili perchè secondo un giudice di sponda senza esperienza il pesce aveva sconfinato. Ma non conosceva il regolamento che prevede che il pesce va squalificato solo quando il galleggiante sconfina nel picchetto del concorrente vicino. Tante discussioni ma poi abbiamo dovuto subire il torto. Se fosse capitato ad una nazione importante le cose sarebbero andate diversamente.
E li nacquero forti discussioni perché in lizza c’era un titolo mondiale.


NEL 2004 IN BELGIO CON LA NAZIONALE DI SAN MARINO



Cosa ci puoi dire sulle dicerie popolari che il garista il pesce lo portava da casa?
Purtroppo in ogni attività c’è sempre qualcosa che non funziona. In altri sport c’è il doping e nella pesca c’è stato in passato qualcuno che ha cercato di fare il furbo portando il pesce da casa. Ma noi forlivesi abbiamo superato questi problemi inventando le nasse per conservare il pesce vivo. E così quando alla pesa, finita la gara, se uno porta un pesce morto questo non gli viene considerato. Adesso sono anni che non ci sono più fatti eclatanti di furbizie nella pesca.

Anni fa c’erano solo alborelle o i carassi c’erano già?
Si c’erano molte alborelle ma c’erano anche i carassi. Con la differenza che i carassi quando li avevi catturati poi non mangiavano più. Ad Ostellato per esempio c’erano anche i cavedani, le trote e tanti persici sole perché la qualità dell’acqua era eccezionale. L’errore è stato fatto quando è stata immessa la carpa erbivora, l’Amur, la quale ha distrutto tutta la vegetazione nel sottoriva facendo sparire l’habitat ideale per la riproduzione dei pesci. Poi è arrivato il siluro e il danno è stato totale. Infatti oggi ci sono pochi pesci nei canali delle valli ma molto grossi.


MAZZONI SOLITARIO SUL SAVIO NEL 2005




Ma come veniva impostata una gara di pesca trent’anni fa?
Le gare cambiavano da canale a canale. C’erano posti dove si vinceva facendo l’alborella per tre ore consecutive. C’erano altri posti dove si partiva obbligatoriamente ad alborella pescandola per un’ora e poi si passava alla pesca del carassio quando questo entrava in zona di pesca. Usavamo canne fisse da 1 metro fino a 9 metri e facevamo chili e chili di pesce. Poi è arrivata la canna inglese per pescare lontano dalla riva fino a 70-80 metri di distanza. E poi è arrivata la roubaisienne, canna francese lunga fino a 14,50 metri, con la quale si è riportato il pesce nel sottoriva. Questa è stata sicuramente la tecnica rivoluzionaria perché ha permesso di affinare molto la pesca e di renderla più bella.

Ma adesso che sei in pensione come ti regoli con la pesca?
Eh eh eh …la mattina faccio il casalingo e poi al pomeriggio, 7 giorni su 7, vado a pescare. In qualsiasi posto purchè ci sia acqua che scorre e pesci che nuotano. Dal fiume agli stagni, dai canali ai piccoli fossi. Ecco per me tutto è buono perché chi come me è ammalato di pesca deve andare, non importa dove, ma l’importante è andare a pescare sempre – con il sole, con la pioggia o sotto la neve. A me non mi ferma nessuno e finchè la salute me lo permette vado a pescare.
Ringrazio Giancarlo Mazzoni, 63 anni di Cesena, un uomo che dato la vita per la pesca ed ha davanti a se ancora tanti anni da spendere per questo splendido sport che è una passione e noi gli facciamo tanti auguri non solo per il grande successo ottenuto questa estate ai campionati del mondo a Cremona che un po’ il coronamento di tutti i sacrifici che ha profuso in questi anni. Crediamo che questo successo tu te lo sia veramente meritato e ti auguriamo di raccoglierne altri in futuro visto il clima di entusiasmo che si è creato a San Marino.
Spero tanto che si creino ancora queste opportunità. D’altra parte dopo 25 anni di aiuto e consigli che ho profuso per la nazionale di San Marino è giusto che qualche soddisfazione venga raccolta.

Prossimo appuntamento?
In Slovenia per gli europei e in Olanda per il Mondiale 2009.

Allora in bocca al lupo o in c… alla balena..
No, perché crepi il lupo non mi sta bene perché sono animali che hanno diritto di vivere anche loro perciò facciamo quel lavoro alla balena.


MAZZONI VICE CAMPIONE DEL MONDO A SPINADESCO (CR) CON LA NAZ. DI SAN MARINO

A presto

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