PESCI & BASSE TEMPERATURE

L’Inverno traccia un profondo solco di confine fra i semplici appassionati di pesca e i “malati cronici”, se sei di questi ultimi lo AMI anche solo per questa distinzione.

In Inverno se vuoi prendere del pesce devi pescare con cognizione di causa, e il detto: “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare” è cosa tua!

Ho raccolto l’invito di Alessandro Scarponi ed ho messo per scritto quello che ne penso in merito; non è nel mio carattere “spiegare tecnica” a pescatori sicuramente competenti, visto che il gruppo è prettamente agonista sicuramente nel vostro ambiente vi è già uno studio approfondito, ad esempio sulle pasture da adoperare per ottenere i migliori risultati al variare delle temperature, ma visto che ormai ho superato da un po i 50 anni di pesca alla passata, ci provo; non aspettatevi però che vi parli di “pasture miracolose” perchè sono sufficientemente vecchio per non abboccare…ho già abboccato da bambino, quando mi feci arrivare tramite posta quel tubetto di gel americano miracoloso per catturare a volontà anche solo spalmandolo sull’amo ( come dovesse fare a rimanerci appeso, visto che colava che era una meraviglia…non l’ho mai compreso) ma era tanto pubblicizzato su Pescare negli anni ‘70 con foto di pescatori sorridenti davanti a cestini stracolmi di pesci, che non potei fare a meno di provarlo e fallire…

Quando si scende troppo nei minuti dettagli delle cose di pesca , si esce per la tangente dal mondo naturale, perchè i pesci non sono il prodotto di un’industria chimica e nemmeno parenti dei farmacisti che preparano pozioni galeniche.

Ricercando di pesca storica vi posso assicurare che non c’è materia come quella delle “pasture miracolose” che ha tenuto più banco fra il ragionare dei pescatori, tanto che nel tempo potrei dire che quasi ogni epoca, anzi ogni singolo pescatore ha avuto una sua pastura o una sua esca di riferimento, un giorno se mi fa voglia vi scrivo antichissime pozioni magiche…in genere quando la cosa “funziona cosi” vuol dire che non funziona affatto, significa che ci siamo fatti prendere la mano più dalla “moda del momento” che dalla riflessione in merito.

Insomma la gerarchia a pesca è sempre la solita:

1) La dote naturale nel cogliere e comprendere i segnali del fiume, unita alle esperienze.
+
2) Tutto il resto.

Da per somma la riuscita della pescata; ma se la 1) è buona può già bastare da sola!

Ma entriamo in tema e visto che si parla di acque fredde, vi ripeto quello che dicevano i vecchi:

“Arcate la schiena e lanciate, il pesce ”morde” anche di Inverno!”

INVERNO

Eccoci alla stagione fredda che sta ormai arrivando

Ho viaggiato per almeno 5/6 anni con il termometro sempre dentro al giubbotto da pesca; no non vi allarmate, la salute andava bene, anche se a pesca sono andato pure con la febbre e la tosse, infatti ho la rinite cronica…ma lasciamo perdere sono cose personali che sicuramente non interessano.

Il termometro era quello classico da acquario, avevo sfruttato la classica ventosa che lo teneva in verticale sul vetro, per bloccarci una cordicella verde, alla quale applicavo una sonda da pesca…insomma un fai da te per mandare a fondo, massimo un paio di metri, quel termometro, che altrimenti per natura avrebbe galleggiato, e ritirarlo poi su dopo un paio di minuti per vedere la temperatura dell’acqua del posto in cui mi accingevo a pescare.

Io, e gli amici che facevano parte della “banda”: i soliti 4/5 imperterriti appassionati della pesca a Bolognese con i quali condividevo le mie pescate, avevamo letto “notizie certe “su di una rivista di pesca, non mi chiedete quale, perchè non ricordo, eravamo a metà anni ‘90 anno più anno meno; in sintesi l’articolo che avevamo letto tracciava una linea di confine per il metabolismo degli allora ciprinidi a +10°

Il testo avvisava che sotto quella temperatura, essendo animali a sangue freddo, perciò con la temperatura corporea che varia quasi al pari di quella dell’acqua, avendo i pesci meccanismi rudimentali per far fronte alle variazioni di temperatura; il loro fabbisogno energetico e di conseguenza il loro appetito iniziava a rallentare in modo deciso!

A livello scientifico sembra che tutto parta dal fatto che l’acqua invernale: fredda e chiara, ha un tasso di ossigeno disciolto molto alto, cosa che interferisce con la normale osmosi branchiale dei pesci, insomma questi poveri cristi, stanno in affanno, è come accadrebbe a noi quando abbiamo il “fiatone” e perciò rallentano…vi faccio un esempio riscontrato sulla Spigola che da +7° a +30° raddoppia la propria attività motoria e predatoria.

Comunque sia dopo qualche anno di prove, abbandonai l’espediente…non perchè mi facesse fatica, anzi dava delle motivazioni, o le levava, a seconda del risultato …ma perchè finii per reputarlo inutile, o perlomeno poco indicativo.

Perchè?

E’ presto detto: via via che passavano gli Inverni saltava fuori quella volta che a + 5° si era preso, e quell’altra cha a +12° non si era vista pinna in tutto il giorno!
Insomma non proprio come recitava l’articolo…

Cosa comunque anche questa parzialmente indicativa, potevamo aver pescato bene ( o scelto il posto giusto) la prima volta, e fatto cilecca su questi due fattori la seconda, anche se avvenendo a tutti in misura quasi uguale, un’indicazione di massima c’era!

Così il ripetersi di queste situazioni mi aveva portato a pensare che la “chiave di lettura” rispetto alla temperatura fosse altra che non quel benedetto termometro, che ti diceva sicuramente il parametro fisico del momento, ma non poteva ahimè raccontarti come stavano le cose il giorno o i giorni precedenti…e nemmeno cosa “fiutassero” in anticipo dall’acqua quei benedetti pesci.

La cosa che mi fece definitamente abbandonare il progetto, e tutta quella massa di note scritte sui fogli dove appuntavo tutti i parametri dell’uscita, fu proprio rendersi conto che quello che era determinante per bloccare il metabolismo e quindi l’appetito di un pesce, era lo sbalzo termico improvviso, non la temperatura in se!

E a me non era dato di sapere la temperatura dell’acqua del giorno o due giorni prima, perciò il termometro non mi risolveva la situazione o lo faceva solo in modo parziale.

Lo sanno bene i pescatori del Nord che quando a Marzo arriva l’acqua del disgelo della neve dalle vette dei monti, sui fiumi è praticamente inutile andarci…

Noi come mammiferi abbiamo una termoregolazione, che ci para in parte dagli sbalzi termici il pesce no, oltretutto l’acqua non è l’aria, ma un vettore più denso, dove le temperature al rialzo o al ribasso non avvengono generalmente in pochi minuti, ma in un’ arco di tempo maggiore, perciò questo ci dice che il pesce non è per natura “progettato” per avvenimenti repentini, che quando accadono, finiscono per bloccarlo, sia dal punto di vista nutrizionale che di movimento.

Mi chiederete allora come mi sono comportato, è presto detto, innanzitutto ho fatto una selezione dei posti invernali, e poi delle esche.

Come regola direi che il primo passaggio è dettato dalle esperienze di pesca che avete maturato sui vostri fiumi, per cui può essere logico preferire una correntina a Febbraio o una larga piana a Gennaio, dipende appunto dalle esperienze che ci avete fatto su durante i periodi più freddi,( prendetene sempre nota) e dai pesci che andrete ad insidiare, sicuramente l’acqua lenta e bassa è quella a maggiore rischio; vanno cercate le acque che si muovono, ( che si scaldano di più per attrito molecolare, sia fra se stesse che scorrendo su di un alveo magari sconnesso, o radendo una sponda di terra o prismi) se è una piana e il livello è costante da tanto, il centro vena è quello che può dare i migliori risultati; buoni spesso anche i grandi fondali, specie se affrontabili sotto sponda e con corrente presente.

In linea generale, vanno abbandonate le larghe piane basse e lente, dal cui ghiareto si entra in acqua in tuta; come gli stagni, cioè le acque ferme in cui mancando un flusso, il freddo fa presto abbassare anche la temperatura dell’acqua.

Un Inverno è indicativa un acqua che all’albeggiare “fuma”, perchè il fenomeno sancisce che l’acqua è più calda dell’aria, ma anche che sta abbassando la sua temperatura, specie quella superficiale, queste sono indicazioni abbastanza precise, il fiume vi fa “Pippo”, vi dice che è molto probabile che i pesci abbiano ancora una buona attività, ma è consigliabile pescarli sul fondale, dove sicuramente data la temperatura dell’acqua più calda e più stabile, preferiranno soggiornare.

Certo che se ( come noi in Toscana con l’ELSA) avete fra i vostri fiumi qualcuno che ha risorgive calde…vi merita farci una capatina; è un’esperienza che in Inverno gratifica, anche solo salpare e tenere in mano un pesce caldo quando le mani sono irrigidite dal gelo, è una sensazione da provare…bagnatele ovviamente, tanto l’acqua è calda!

Come sicuramente più produttivi sono i piccoli o grandi fiumi nei loro tratti cittadini; un tempo a Firenze si era soliti pescare dove rimettevano i grossi fognoni, quando ancora la città era priva del depuratore, e l’acqua che ne fluiva, anche se non proprio salubre era sicuramente più calda di quella del fiume e il pesce tendeva a stazionare nei pressi di queste immissioni temperate.

Altra soluzione rappresentano in generale anche quei piccoli affluenti dei fiumi che scorrono nelle grandi città, sto parlando di quelli che la viabilità cittadina ha “interrato” si definiscono “Intombati”…costringendo il loro percorso dentro gallerie più o meno anguste, ( a Firenze ne abbiamo una trentina) anche questi non essendo per lunghi tratti a contatto con l’aria fredda, conservano temperature meno rigide rispetto al fiume principale, oltre a creare disastri quando il flusso ingrossa per piene particolarmente intense, ma di questo lascio volentieri la parola ai telegiornali.

LE ESCHE

Ancora per un bel po, specie se le acque si freddano in modo progressivo, si usano i sempiterni Bigattini, l’accortezza è di andare a distribuirli free cioè a fionda, dobbiamo cercare “dispersione” almeno inizialmente per creare un’area di richiamo, perchè il flusso freddo non porta l’odore dei bachi molto lontano, e i medesimi poco mobili finiscono spesso per essere raggruppati dalla corrente in piccoli cumoli improduttivi, magari dietro ad un sasso, lo sanno bene i pescatori di Ledgering che in contesti freddi usano pasturatori dai fori generosi per non ritrovarsi a recuperare i contenitori ancora con le larve dentro…

Ho esperienze di ledgering datate 1990 dove in Inverno non mettevamo proprio i pasturatori in lenza, ma solo un piccolo piombo da pochi grammi, ovviamente in deriva, che scendeva con la corrente finchè non trovava un ancoraggio stabile, la pasturazione veniva eseguita a fionda, andando a monte a tirare le solite due archettate, in un punto in cui delle correnti si incrociavano stallando in superficie, scelta che va fatta sempre, se ne si ha la possibilità, perchè queste “spianate” di flusso permettono ad un’esca leggera come il bigattino di scendere verso il fondo in modo uniforme, senza essere troppo preda della variabilità dei flussi, e sto parlando in quel caso di una corrente d’Arno in uscita da una pescaia, che aveva una massa d’acqua importante con un fondale che rasentava i 6 metri
a testimonianza che se facciamo cose ragionate poi i risultati arrivano, si prese per un paio di Inverni diverso pesce, principalmente Cavedani, qualche Carpa, Carassi ricordo anche un bel barbo tiberino in pieno Gennaio!

I Bigattini quando il clima si fa rigido vanno aiutati…all’epoca si accendeva il fuoco sulla riva e si mettevano i contenitori vicino alla fiamma , in modo che i bigattini riprendessero vigore, oggi non si può, ma chi vuole ha a disposizione quei sacchettini con le fiale dentro che se le rompi generano calore, si usano per scaldare le mani, ma vanno benissimo anche dentro al sacchetto dei bachi per rinvigorirli.

Un tempo ci si affidava anche al gorgonzola, impasticcia un po il sacchetto, ma se i Bigattini si dimenano a dovere si ricoprono il corpo di particelle di questo formaggio morbido, che ne aumenta l’odore, buono specie per i barbi invernali.

Quando la situazione si fa estrema, e lo potete vedere chiaramente dal bigatto che recuperate dalla passata, che si presenta non solo inerte, ma anche con scarsa consistenza, ed allungato, un poco come quando prende la “ciucciata di un barbo che è stato a scuola dai cavedani”…

Ecco questo è il momento di abbandonare questa esca, almeno come veicolo di pastura.

LE ALTRE PASTURAZIONI

Ricordo con un sorriso quando lessi un passo da un libro di ALBERTARELLI, dove spiegava la sua pastura invernale: (PANE-ZUCCHERO-LATTE) il tutto amalgamato dentro a delle pagliette, se non ricordo male…c’era tanta logica in quella soluzione…finii per farlo anch’io naturalmente, ricordo che presi una grossa matassa di plastica tutta arrotolata, prelevata dal filtro del mio acquario, ci passai dentro un trave da 0,70 con un piombo a freccia di quelli grandi da mare, sarà stato 150 grammi, e con su una saponetta di quelle vecchio tipo di piombo a fondo fatta ad esagono allungato, non ricordo il peso, ma siamo quasi a pari con quello di testa , che scorreva a monte stoppandosi alla distanza voluta su due pallini inglesi SSG

Riempivo la maglia appunto di quell’amalgama che vi ho scritto,( ci mettevo anche qualche bigattino…) e poi la lanciavo perpendicolare alla corrente, qualche metro a monte della mia postazione.

Praticamente fra la “spugna”che rilasciava la “nuvola di richiamo” bloccata sul fondo dal piombo a freccia, e la saponetta scorrevole vi erano almeno 5 mt. di trave da 0,70 che doveva stare bello steso sul fondo, ovviamente il nylon era poi ancorato a riva ad un sasso, o ad un legno infisso sulla sponda.

A valle di qualche metro in linea con la nuvola, eseguivo la passata.

Quando circa ogni mezzora, andavo a monte e tirare una mini fiondata di bigattini ( in Inverno è bene non esagerare, visto che i pesci a giro non sono mai tanti, e che hanno inoltre meno necessità di alimentarsi) davo anche una scrollata al trave, in modo da rinnovare la “nuvoletta” di pane zucchero latte e bigattini!

La cosa ( specie in una piana, probabilmente andando spesso in quel posto li avevo abituati…) dava ottimi frutti.

PERCHE’ QUELL’AMALGAMA

Il motivo principale risiede nella dispersione delle molecole di tutti gli elementi citati, meno il Bigattino, che dove essere alla fine il pasto dopo aver sentito il profumo!

Il Bigattino in Inverno rappresenta un buon boccone calorico, ed è efficace, ma ha un difetto, come ho scritto, non spande un sufficiente odore di richiamo, l’acqua fredda lo blocca anche come movimenti, aggiungendoci del negativo, di contro invece le molecole di amido del pane, di glucosio dello zucchero e di lattosio del latte, hanno una grande dispersione, tanto che se le acque sono di una trasparenza accettabile, anche verdone, ne potete apprezzare la nuvola a vista.

IL PANE

In definitiva il pane risulta comunque in condizioni di acqua fredda o molto fredda, la risorsa principale sia come pastura che come esca; per mia esperienza nei fiumi Appenninici, che vista la conformazione si freddano velocemente, è risolutivo.

METODO

Quì si apre un mondo, ci sono scuole diverse fra Nord e Centro almeno da quello che ho potuto rilevare nelle mie esperienze.

Al Nord il Pane è un’esca molto usata, e probabilmente anche molto conosciuta dai pesci, come insidia tanto che si è finito spesso per usare bocconi di misura contenuta magari su ami del 18/16 d’altra parte al Nord oltre i cavedani il Pescatore invita a pranzo anche Pighi e Savette od anche Scardole.

Da noi sui fiumi appenninici, la fa da padrone il cavedano, la sua bocca è decisamente più grande, e non manca in Inverno anche l’incontro con qualche grossa carpa, perciò gli ami ed i bocconi sono decisamente più consistenti, si va da ami del 10 a scendere non sotto il 14.

Ovviamente vale sempre la più antica regola della pesca, il boccone si fa via via più “piccolo” con l’aumentare della diffidenza del pesce, o meglio: il pesce molto pressato sbaglia più facilmente su bocconi che procedano in acqua nel modo più naturale possibile, perciò la lenza deve essere comunque sempre ben equilibrata.

Visto che ci siano vi metto anche la foto di quello che da qualche anno ( dopo tante prove) uso io per innesco.

Ne parlavo proprio oggi con mio cognato, che mi diceva di avere letto che era il medesimo che usa Mario Molinari perciò fidatevi, se non di me almeno di lui.

LA PASTURAZIONE

Anche questa ha varianti importanti, nei grandi fiumi del Nord mettere una palla di pane a lenta disgregazione sul fondo è determinante per tenere il pesce in pastura in una massa di acqua importante, questo perchè il pregio del pane, cioè quello di diffondersi e farsi sentire dai pesci in modo veloce, presenta anche un brutto rovescio della medaglia, porta in breve tempo i pesci a valle, ora mi capirete, se la cosa avviene in una piana appenninica, anche di 100 mt. è molto probabile che noi si possa scendere anche un poco a valle ed eseguendo passate anche molto lunghe riuscire a rimanere ancora per diverso tempo in contatto con il pesce pasturato; se questa situazione si verifica in un grande fiume, dovete prendere la barca e accendere il motore…

La pasturazione appenninica, prevede un paio di “palle lenti” cioè non molto compresse che devono “fumare” cioè creare una scia verticale mentre scendono, a queste è demandato il compito di disperdere almeno per 30 metri l’odore, e fare da richiamo al poco pesce che è a giro, dopo una mezzora si piazzano altre due palle ( tipo arancia ) molto più compresse, per cercare di tenere il pesce in zona passata.

Come si prepara il pane da pastura lo trovate scritto a volumi alti come la Bibbia, se vi devo concentrare in modo ermetico l’insieme, si tratta di mescolare pane ammollato con pan grattato, finchè non ottenete l’amalgama che desiderate.

D’altra parte tutte le pasture da gara sono a base di pane, ed elementi o dolci, o salati (formaggio) che abbiano un buon potere sia legante, che dispersivo ( come molecole odorifere)

NOTE IMPORTANTI

Non in tutte le piane in Inverno, parlo dei fiumi appenninici, il pesce ( anche se presente) è in attività, perciò mi raccomando, se dopo una mezzora che avete iniziato a pescare non avete visto cenno…cambiate piana, spostatevi, perchè il pane è un’alimento che mette subito in moto i pesci, perciò se non avviene, non indugiate a chiedervi il motivo, andate in un altro posto. Da quì il consiglio di avere attrezzatura e bagaglio leggero, da pesca itinerante!

Altra nota importante, il pane mette in moto velocemente, quanto velocemente sazia…perciò parsimonia nella pasturazione, pena dover presto cambiare postazione anche se il pesce mangia…

LE ALTRE ESCHE

Specialmente in passato quando il clima rigido era sempre presente almeno per 3 mesi l’anno, accompagnato anche da neve se non addirittura da fiumi ghiacciati su tutta la superficie, c’erano esche specifiche per l’Inverno

Visto che come avrete notato mi piace ricercare la storicità delle cose, vi dico che le prime esche invernali che ho trovato scritte risalgono al catalogo Morelli del 1914 il Morelli era un grossista di Firenze un po l’antenato del Ravizza ( che è il più conosciuto) che ad inizio catalogo suggeriva le esche per tutte le stagioni e in Inverno nomina:

BUDELLINO DI POLLO per la pesca a fondo
FORMICOLONE ALATO per la pesca a razzolare( cioè alla passata)

Aggiungendo che con queste esche si prendono preferibilmente LASCHE ( tradotto i Cavedani)

Di seguito anticamente si suggeriva anche l’uso del sangue di Bue coagulato, ( all’aria, non in frigo…) e del “pallino di pollo” il rene di gallina, che vi garantisco personalmente ha un’alto apprezzamento da parte dei cavedani invernali!

Non entro nello specifico della tecnica di queste esche perchè ormai ad usarle sono veramente un pugno di vecchi appassionati, ed oltretutto in molti posti se non in tutt’Italia sono diventate anche proibite.

LA PESCA INVERNALE

Se esistesse una regola generale ( ma dovrete comunque valutare molte soluzioni da soli…) direi che in Inverno conviene proprio aumentare “Gli Ormeggi” nei luoghi dove peschereste in Primavera con uno 0,08 mettete uno 0,10 e così via…e di conseguenza aumentate anche l’amo almeno di una misura (anche con i Bigattini), questo perchè le prede saranno ragionevolmente più rade, ma anche più grandi, e dopo aver patito il gelo magari in tuta in acqua lasciarsi sfuggire una cattura perchè si è lesinato su lenza ed amo è una cosa che vi portereste dietro per del tempo…

Considerate anche che nonostante le acque chiare, il pesce è più “intorpidito” mangia lento e sul fondo, perciò il mimetismo di una lenza che magari viaggia staccata dal fondo non è necessario.

Come si trova scritto in tutti i sacri testi, pescate nelle ore più calde e soleggiate…forse…

Fra i consigli spicci, vi dico, copritevi con abbigliamento tecnico, ve lo scrivo perchè io da sciagurato per anni non ho avuto la tuta di neoprene… viaggiavo in acqua con quella di gomma indossando una tuta da sci, ma i piedi…evitate i luoghi troppo ventosi, portatevi sempre dietro un bel Thermos di caffè caldo, e anche se spesso non è legale, fatevi un bel fuoco (mi raccomando per sicurezza fra i sassi del greto) e mangiatevi due salsicce bevendovi del buon vino!

Sui pesci e sui loro comportamenti, non ne sapremo mai tutto, viviamo in ambienti diversi, ed operiamo anche con intenti diversi, c’è chi si diverte (noi) chi rischia le pinne per sopravvivere (loro) perciò perchè rimanga inalterato il “gioco” abbiatene cura dei pesci che catturate e se possibile rilasciateli con movimenti adeguati, e principalmente non crucciatevi se alcune volte in INVERNO non prendete e non arrivate a comprenderne il motivo, perchè nessuno sa e saprà mai tutto sui pesci, e i famosi CAPPOTTI in questa stagione sono avvenimenti su cui non si giudica la valenza di un pescatore, un po come la canzone di Francesco De Gregori quando canta: “non è da questi particolari che si giudica un calciatore”…

Nelle mie esperienze invernali sono accaduti probabilmente i fatti più strani che ricordi., anche cose che cozzano con tutto quello che vi ho propinato…branchi di pesci enormi a galla mai visti in tutta la mia vita, nemmeno a Primavera…(forse era una ricorrenza…boooh).

Pesci che manifestavano la loro presenza, solo se pescavi nei tratti ombreggiati…per questo il forse di prima, di pescare nei tratti riscaldati dalla luce del sole…(*) pesci a vista che se gli lanciavi i Bigattini andavano via schifati… ore ed ore al gelo per catturare un grande pesce, rimetterlo in acqua e dopo 1 ora riprenderlo, come se al mondo ci foste solo voi due!

Ghiaccio sulle sponde da non sapere come fare a stare in piedi ne ad iniziare a tirare fuori le mani dalle tasche e quando iniziate a pescare invece di prendere dei pesci grossi vi ritrovate in canna pesci minori, anche se sempre bellissimi.

Pescate stratosferiche come se il pesce avesse deciso che non era INVERNO

e vi giuro che faceva un freddo boia…neve e pesci, ma questo non è anomalo, questo è abbastanza consuetudine, anche se ora almeno da me non nevica quasi più…ma anche neve e nebbia che non vedi nemmeno dove finisce la canna e provando ugualmente la passata ti ritrovi incredibilmente la canna ad arco ed alle prese con quello che risulterà il tuo barbo record…

Pesci che all’improvviso in pieno tramontano iniziano a bollare, perchè magari è avvenuta una schiusa di effimere invernali, e di conseguenza potete tranquillamente richiudere il sacchetto dei bigattini…

(*)Su questa questione voglio raccontarvi un aneddoto ( si dice così…)

Correva il Febbraio del 1993-4 io e mio cognato Mauro si andava a pescare in Arno in un ex campo gara chiamato “I Renai” era un bel posto invernale da cavedani che andavano pescati leggerissimi con canne corte lungo sponda…quel posto però aveva una anomalia, i cavedani fino alle 14 non davano!

Si arrivava alle 11 di mattina si pasturava e potevi rimettere l’orologio, le mangiate avvenivano tutte dopo le 13,30-14 del pomeriggio, ora dovete capire che la fregatura non era tanto per il gelo che si era preso aspettando, quello era sempre messo in conto, ma per il breve tempo che rimaneva per la pesca prima che facesse buio…così si rideva e si scherzava sempre su questa storia; finchè un giorno maturando non compresi…quei cavedani che allamavano alle 14 erano già tondi…saturi di bachi…non era che alle 14 iniziavano a mangiare, era semplicemente che alle 14 avveniva un brusco calo della luminosità e loro che mangiavano da ore iniziavano a sbagliare!!

Questo per dirvi che anche in Inverno non è proprio scritto che i posti migliori siano quelli caldi a solino…per noi sicuramente per star caldi SI, ma per pescare i pesci a volte proprio NO!

Insomma la passione per la pesca in un clima rigido ha attraversato generazioni su generazioni di pescatori e sono sicuro che avrà sempre degli estimatori, vi metto la foto che vinse un concorso fotografico a tema indetto dalla rivista mensile di pesca TEMPO DI PESCA e apparsa sul mese di Marzo del 1952

Aggiungo anche altre due foto dell’Arno a Firenze degli anni ‘50/60 : la prima ritrae il famoso “lasca” ( quello con il pastrano nero) insieme ad un suo collega, alle prese con una sponda innevata, ad eseguire la passata con il formicolone alato insidiando appunto le Lasche dell’epoca (cavedani )

L’altra è uno scatto (preso da Internet ) eseguito subito a monte di dove è il “Lasca” sul bordo della pescaia di S. Niccolò ed è datata 1957!

Vi lascio con una foto dell’Arno fiorentino completamente gelato, in questo caso si pesca solo se trivellate e fate un buco…

Le sponde e i raffreddori vi aspettano.

A.Z.

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