MI PESI? MA QUANTO MI PESI?

dal nostro inviato Marcello Corbelli di Siena riceviamo e pubblichiamo:

La stagione agonistica è praticamente finita e salvo rare eccezioni, non ci sono più gare di calendario  quindi, per chi vuole pescare, rimane solo la solita pullettina con gli amici di sempre. Si, perché pescare è questo, in tutti gli altri casi andiamo solo a pesca.

Ma quanto siamo strani noi malati di agonismo? Per noi pescare significa confrontarsi per forza con qualcuno, e anche se c’è in giuoco il caffè, l’impegno è lo stesso di un Mondiale, la gara la sentiamo sempre con la stessa intensità, mica possiamo scherzarci sopra, c’è di mezzo molto più di un semplice caffè, perché in gara non ci sono amici, ma solo avversari ed il garista, quello vero, deve prevalere anche se si giuoca a “tappini.

Sarà normale?…..Chissà?….Meglio non approfondire più di tanto, potrebbe essere molto pericoloso……Evitiamo troppe domande e veniamo al sodo.

A tale proposito, dato che le ostilità sono (per il momento) chiuse e quindi non si rischia l’incidente diplomatico, vorrei esporre il mio pensiero, una cosa che ho in mente da tempo relativamente a certi comportamenti indotti per regolamento nei nostri campi gara e nel contesto, vorrei sottoporre questo al giudizio degli amici di Matchfishing.

Premesso che per affrontare l’intero argomento in una sola volta ci vorrebbe troppo tempo, parlerò giusto di ciò che più ha colpito la mia suscettibilità e che personalmente ritengo sia un comportamento veramente dannoso per l’immagine e la tutela del nostro sport.

Per la verità non so se è previsto da qualche regolamento o se si tratta di una trovata estemporanea, fatto sta che, nelle gare di campionato, la pesatura del pescato avviene trasbordando il pesce dalla nassa del pescatore, al contenitore del Commissario di sponda il quale, dopo aver registrato il peso, fa ributtare tutto il pescato in nassa fino al termine delle operazioni, il motivo? La possibilità di pesare ancora, in caso di contestazioni.

Ma come è possibile, proprio noi che abbiamo come dottrina la salvaguardia del pesce, non ci preoccupiamo affatto del danno che questo subisce durante le predette operazioni. Vogliamo solo per un attimo pensare ad una normale gara nei campi dell’Arno pisano, quindici-venti chilogrammi di  pesce portati al peso; perlopiù clarios, qualche carpa, alcuni cavedani e dei muggini. Già alzando dall’acqua una nassa così pesante, sottoponiamo il pesce ad una terribile compressione, ma questo è inevitabile, non possiamo fare diversamente; poi,  allo stress della cattura, della slamatura e della permanenza in nassa,  ne aggiungiamo un altro ben più grave, quello dello sbatacchiamento nel contenitore di pesatura. Ma non è finita, perché qualcuno ha ritenuto che tutto questo non sia ancora sufficente e  così, raddoppiando tutte le sofferenze appena descritte, reimmettiamo i pesci in nassa fino alla fine delle operazioni di pesatura dell’intero settore. Solo allora potremo liberare il nostro pescato.

Ricordiamoci che stiamo parlando di una nassa piena di pesci pisani, dove i cloarios sono predominanti; noi tutti sappiamo che le loro spine sono in grado di provocare gravi ferite e purtroppo accade spesso di  vedere pesci sanguinanti, a causa dei pungiglioni dei grossi pesci gatto pisani. Che fine faranno quei pesci? E nel migliore delle ipotesi, quando saranno in condizione di tornare sui nostri richiami?

Se poi a quanto detto aggiungiamo l’inciviltà di qualcuno di noi, il cerchio si chiude. Ho personalmente visto pescatori che, per velocizzare le operazioni di pesatura, nel tentativo di tenerli più fermi, pigiavano con i piedi i pesci stipati nei secchi.

Ecco, amici, quello che mi chiedo da tempo e che mi assilla, è cosa ci sia di logico, valutati i pro ed i contro, nell’aggravare ulteriormente danni a parer mio evitabili, rimettendo i pesci in nassa dopo la pesatura, al solo fine di soddisfare rari casi di contestazione. Ogni gara ha il suo Giudice e credo che questo debba essere sufficiente, così come lo è stato fino ad oggi. Sono convinto che non sia produttivo, ma soprattutto che non sia intelligente sottoporre a sofferenze inutili l’unico elemento che ci permette di soddisfare la nostra passione. Forse merita ricordare che un numero consistente dei nostri campi gara è in una fase di palese regresso e altri sono praticamente già “morti”. Forse questo non è causa nostra, forse, ma una cosa però è certa…..i pesci non sono di gomma.

Tanto per dimostrare che lo stress subito condiziona fortemente la riposta dei pesci in gara, voglio portarvi un esempio, a pare mio molto eloquente: agli inizi del mese di marzo scorso, nel fiume Elsa a Certaldo, ebbe luogo la prima prova del “Trofeo Primavera”, la gara dette uno scarso pescato e tante furono le nasse vuote; la Commissione Sportiva Provinciale di Siena propose allora ai suoi iscritti di non mettere il pesce in nassa durante le sessioni di prova; la proposta venne accettata ed il risultato fu che la gara successiva, svolta nelle stesse condizioni ambientali dell’altra, dette un  peso totale pari a quasi il triplo rispetto alla recedente. Già evitando anche solo lo stress della permanenza in nassa, il pesce rispose in modo eccezionale e quindi torno a dire: siamo consapevoli che la pesca implichi necessariamente una qualche sorta di sofferenza al pesce, ma perlomeno facciamo in modo che questa si limiti allo stretto necessario e facciamolo noi, prima  che lo facciano altri.

Non è mia intenzione fare l‘uccello del malaugurio e nemmeno insegnare agli altri cose che sanno fare bene da se stessi, ma qualche volta si cercano soluzioni complesse a problemi che sono risolvibili benissimo solo con una piccola dose di buon senso.

E voi amici, come la pensate?

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GLI INGLESI IN CASO DI ABBONDANTI PESCATE USANO SEMPRE LA DOPPIA NASSA
doppia nassa

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